Vitruvio, Leonardo, la Bibbia e il secolo dei codici-bufala (1)
Anno 2003: una data storica, che segna il vero inizio del nuovo secolo. Il secolo della Scienza? Della conquista di Marte? Ma no! Il secolo dei codici-bufala. Che è successo di tanto importante nel 2003? E’ successo che un bravo scrittore, nato nel New Hampshire, USA, ha pubblicato il romanzo del secolo, un libro che ha cambiato il corso della Storia. Dopo Platone e Virgilio, il mondo ha trovato finalmente il genio letterario del ventunesimo secolo. Chi è costui e cosa ha scritto di tanto notevole? Lui si chiama Dan Brown e ha scritto un bel triller intitolato Il Codice Da Vinci. Forse il Brown, scrivendolo, non immaginava neppure che il suo romanzone avrebbe segnato un secolo o quanto meno un paio di decenni. Forse pensava solo di ripercorrere le orme di tanti suoi connazionali specializzati nello scrivere romanzi-triller. E di fare così tanti soldini … Ma va a pensare che il suo secondo romanzo pubblicato (il primo fu, nel 2000, Angeli e Demoni) avrebbe aperto la stura dei libri-codice!
Il romanzone è diventato un film e il film ha portato in tutto il mondo il nome (che era già noto ma non certo universalmente) di un genio vero: quello di Leonardo. Ed è stata l’apoteosi. Il romanzo è, nel suo genere, scritto con il mestiere dei migliori e non c’è nulla da dire: se piace il genere, va letto. Ma il fenomeno vero comincia dopo l’uscita del libro. Quel fenomeno si chiama Codice Segreto.
I più furbi hanno pensato che bisognava salire immediatamente sul treno del Codice Segreto e così, scrittori semi-falliti con poche idee ma molto confuse nella testa hanno pensato che era giunto il momento di riciclare il successo di Dan Brown. Scrittori di romanzi come Douglas Preston si limitarono a tagliare un pezzo del titolo di quello di Dan Brown: Il Codice (ma che scarsa fantasia!). Il Codice del Silenzio è del 2009 ed è opera di Barry Eisler. Insomma, una valanga di romanzi-codice! Ma fin qui siamo nel campo del romanzo e ognuno può scrivere quel che vuole (se c’è qualcuno che vuol leggere ciò che scrivi e comprarti il libro!). Il bello viene quando si mette in ballo il libro più stampato del mondo e forse anche il meno letto. Sto parlando della Bibbia. Ed è così che nasce un filone all’interno del filone che è all’interno di un altro filone: il Codice Segreto nascosto nella Bibbia.
Quanti libri svelano codici nascosti nella Bibbia e, per l’esattezza, nel Vecchio Testamento? Tanti, al punto che in Wikipedia c’è una voce apposita intitolata per l’appunto Codici nella Bibbia. E’ divertente dargli una rapida scorsa per scoprire quello che è diventato un vero e proprio filone letterario. Un libro-guida sembra sia Codice Genesi, opera di Michael Drosnin ed Eliyahu Rips (titolo originale inglese: The Bible Code) da cui è stato tratto un film omonimo uscito nel 2010, il cui titolo originale è – secondo Wikipedia – The Book of Eli. La trama del film è indicativa dell’ideologia sottostante. Lo scenario è un pianeta devastato dalla terza guerra mondiale ovviamente nucleare. L’umanità, non si sa come, è sopravvissuta, anche se decimata. Un tizio – chiamato Eli – se ne va in giro apparentemente senza scopo, anche se lo scopo se lo porta in tesca. E quello scopo si chiama La Bibbia. Già, perché, prima o durante o dopo il conflitto l’uomo ha distrutto tutte le copie del libro, ritenuto la causa stessa del conflitto ed Eli ha in suo possesso l’ultima copia rimasta! Quella copia, però, è oggetto del desiderio di molte persone, poiché si ritiene che sia in grado di suggestionare la popolazione e in tal modo se ne possa ottenere il controllo. Spetta ad Eli il compito di salvare quell’importantissimo esemplare e, per farlo, dovrà combattere ed uccidere. Ma questo – è quanto emerge dal film – è la volontà di Dio stesso. Eli, dunque, fa la volontà divina. A parte la terza guerra mondiale, mi sembra un film già visto …
Il punto è che, secondo gli autori, dentro la Bibbia sono nascoste informazioni cruciali, ma non tutti sono in grado di comprenderle, poiché sono crittografate, scritte, cioè, secondo tecniche occulte che ne nascondono non solo il significato, ma perfino l’esistenza. Questi codici nascosti dentro la Bibbia sarebbero, niente meno, in grado di predire il futuro mentre, secondo altri, nasconderebbero segreti scientifici da terzo millennio. Altri ancora sostengono che le lettere dell’alfabeto ebraico sarebbero alla base del nostro DNA. Insomma: chi più ne ha, più ne metta!
Il fatto è che la Bibbia è stata scritta con l’antico alfabeto ebraico in cui mancano le vocali. Uno studioso di queste antiche crittografie sembra essere Alessandro Conti Puorger che in Edicolaweb scrive:
Essendo l’ebraico antico privo di vocali, le parole, scritte con le sole consonanti (cioè senza puntature e/o segni di vocalizzazione) già di per sé hanno più significati (come se in italiano si scrivesse senza vocali, trovando indicato un CN non si potrebbe sapere se vuol dire CaNe/i, CaNa, CuNa, CuNeo/i, CoNo/i, CeNa/o/e, CiNe, CiNa); perciò, già per tale motivo, potrebbero coesistere più letture del testo biblico oltre a quella ingessata dalla traduzione tradizionale.
Diciamo che se alla base della ricerca ci fosse una tale limitazione, io lascerei perdere quella ricerca per dedicarmi a qualcosa di più certo. Ma io, notoriamente, non sono un uomo di fede.
Non vorrei, a questo punto, dimenticare il buon Gregg Braden che ha scritto – attinenti all’argomento in esame – i seguenti due libri: L’Effetto Isaia non basato esattamente sulla Bibbia, ma su manoscritti ritrovati nei pressi del Mar Morto; Il Codice della Vita, dove “espone la sua straordinaria scoperta della correlazione fra gli alfabeti biblici della lingua ebraica e araba e il nostro alfabeto genetico e rivela la presenza dentro di noi di un codice perduto, in grado di fornire elementi decisivi sul mistero delle nostre origini”. Come dire: biologi non perdete tempo a studiare la biologia cellulare, vi basta conoscere l’alfabeto ebraico!
Ritorniamo a Dan Brown e al suo mitico romanzo. Molto è stato scritto, come abbiamo visto nella fin troppo sintetica panoramica dei codici occulti, ma, se ritorniamo alla ricostruzione di Dan Brown, l’elemento che più ha fatto spendere fiumi di parole e di immagini (Brown ha meritato perfino un numero di History Channel teso a dimostrare che il romanzo non ha alcuna validità storica) è probabilmente il cosiddetto Uomo di Leonardo. Un documento che non appartiene né all’arte né alla scienza ma che ormai è diventato una icona della civiltà occidentale. Rappresentato nelle sue diverse interpretazioni, in ogni tipo di oggetto, declinato in tutti i modi. Il foglio rappresenta uno studio sul corpo umano inserito nel cerchio e nel quadrato, figure geometriche perfette, secondo Platone. Dove il centro del cerchio coincide con l’ombelico per indicare l’origine spirituale dell’uomo e quello del quadrato con i genitali, rappresentazione dell’origine fisica. Il seguito è QUI.
Un momento! Senza togliere nulla al genio di Leonardo, che di genio ne aveva da vendere, c’è un piccolo particolare che sembra essere assente dalle opere di tutti i seguaci diretti od indiretti di Dan Brown: l’uomo di Leonardo non è di Leonardo. O meglio: il disegno ovviamente è suo, ma in esso il grande toscano riprende un insegnamento molto più antico, che non è né nella Bibbia, né nei rotoli del Mar Morto, ma è “nascosto” in questa povera capitale di questo povero Paese: Roma. Il Maestro di Leonardo si chiamava Vitruvio. E l’Uomo di Leonardo andrebbe chiamato l’Uomo di Vitruvio.
Sì, ma chi era Vitruvio. L’uomo si chiamava Marcus Vitruvius Pollio, in italiano noto come Marco Vitruvio Pollione, nato nel decennio tra 80 e 70 a.C. ed è stato un architetto e uno scrittore romano, considerato come il più famoso teorico dell’architettura di tutti i tempi.
Ma dove è nato Vitruvio? Non si sa per certo. C’è chi dice Roma, chi Fano, chi Fondi, chi Verona, chi Formia. Chi sostiene che fosse campano e addirittura chi dice che venisse dalla Numidia, ma insomma: nessuna certezza. E dove è vissuto?Forse ha lavorato come ingegnere con Giulio Cesare, poi è stato assunto da Augusto. Di certo c’è che l’unica opera che lui stesso si attribuisce di aver progettato e costruito è la basilica di Fano (Fanum Fortuna, città fondata da Augusto) basilica della quale, sfortunatamente, non è rimasta traccia. Nulla rimane dunque di Vitruvio? Ma non è certo la basilica di Fano l’opera più famosa del Maestro. Ha fatto e detto ben altro…
(segue)
© Roberto Zamperini
Gran bel pezzo Roberto! Era da un po’ che mi aspettavo qualcosa su Vitruvio… aspetterò con trepidazione il seguito.