Ritorno a Notre-Dame: come uccidere l’anima di una città (2)
2) L’Alchimista e il libro di pietra dell’Alchimia. Se, spinti dalla curiosità, o per dare uno scopo piacevole alla passeggiata senza meta d’un giorno d’estate, salite la scala a chiocciola che porta alle parti alte dell’edificio, percorrete lentamente il paesaggio, scavato come un canale per lo smaltimento delle acque, sulla sommità della seconda galleria. Giunti vicino all’asse mediano del grande edificio, all’altezza dell’angolo rientrante della torre settentrionale, noterete, in mezzo ad un corteo di chimere, il sorprendente rilievo d’un grande vecchio di pietra. E’ lui, è l’Alchimista di notre Dame. Col capo coperto dal cappello Frigio, attributo dell’Adeptato, posato negligentemente sulla lunga capigliatura dai grandi riccioli, il saggio, avvolto nel leggero camice di laboratorio, s’appoggia con una mano alla balaustra, mentre, con l’altra, accarezza la propria barba, abbondante e serica. Egli non medita, osserva. L’occhio è fisso; lo sguardo possiede una straordinaria acutezza. Tutto, nell’atteggiamento del Filosofo, rivela una estrema emozione. La curvatura delle spalle, lo spostamento in avanti della testa e del busto tradiscono, infatti, una grande sorpresa. In verità, questa mano pietrificata sembra animarsi. E’ forse un’illusione? Sembra di vederla tremare… Che splendida figura questa del vecchio Maestro che scruta, interroga, curioso ed attento, l’evoluzione della vita minerale, e poi, infine, abbagliato, contempla il prodigio che solo la propria fede gli faceva intravedere! E come sembrano misere le moderne statue dei nostri scienziati – che siano colate in bronzo o scolpite nel marmo – in confronto a questa raffigurazione venerabile, dal realismo così potente nella sua semplicità!
Così scriveva il Fulcanelli nel suo “Il Mistero delle Cattedrali”. Ma lo stesso andava oltre, convintissimo che l’etimologia di “Arte Gotica” andasse ricercata in argot, ovvero in quella sorta di linguaggio particolare di tutti quegli individui che sono interessati a scambiarsi le proprie opinioni senza essere capiti dagli altri che deriverebbe addirittura dagli argonauti, i quali andavano sulla nave Argo, parlavano la lingua argotica, – la nostra lingua verde – navigando verso le fortunate rive della Colchide per conquistare il famoso Vello d’Oro. Credo che mai Fulcanelli sarebbe stato d’accordo con me e con le mie tesi e mai avrebbe ammesso che la sapienza di coloro che costruirono le sue amate cattedrali affondasse principalmente – anche se non esclusivamente – in quella Roma che doveva proprio detestare, se alla stessa non dedica mai neppure un rigo del suo celebre libro! (A proposito: mi dicono che le sue opere siano ormai introvabili in Francia, se non nelle librerie d’usato. Spero non sia vero, perché sarebbe cosa gravissima).
In ogni caso e quale che sia la nostra opinione sulle sue idee o la sua sulle nostre, quella di Fulcanelli è una tesi interessante e degna di essere approfondita. Allora chiediamoci: chi erano gli Argonauti e cosa hanno fatto? Come sarebbero finiti in una cattedrale gotica o addirittura in un intero periodo storico dell’architettura francese? Secondo la Mitologia Greca, gli Argonauti erano una cinquantina di eroi che, guidati da Giasone, a bordo della nave Argo, se ne andarono per mare alla volta dell’ostile Colchide per conquistare il vello d’oro. La storia è lunga e complessa, ma ci basterà mettere in luce alcuni particolari.
1) Intanto ecco che nella storia vediamo subito comparire Eracle (Ercole) che viene proposto come comandante, ma, al suo rifiuto, è il giovane Giasone che se ne occupa e proprio su indicazione dello stesso Ercole.
2) E c’entra anche Apollo al quale i 50 sacrificano, prima ancora di alzare l’ancora, per propiziarsi il viaggio?
3) Dopo molte avventure e alcuni morti tra gli Argonauti, Giasone viene sottoposto ad una doppia prova, prima della quale la principessa Medea, maga ed innamorata di Giasone, fa bere al giovane un calice con il sangue di Prometeo, l’eroe amico degli uomini. Prometeo rappresenta l’ardire dell’uomo, che tutto sfida pur di trovare la conoscenza, il sapere. E’ la nostra inestinguibile sete che spesso ci fa perdere nel labirinto. Giasone deve bere il sangue di Prometeo, ma deve essere capace di dominare la curiosità, il bisogno di possedere la conoscenza per ricordare da dove è iniziata la sua storia: la via apollinea è quella che porta verso una strada diversa, quella dell’essere e non dell’avere.
4) Dopo duelli contro tori dalle narici fiammeggianti e un drago figlio di Tifone il titano nemico dell’uomo, Giasone finalmente entra in possesso del vello d’oro ed inizia un lungo viaggio di ritorno.
Non ci si può non chiedere cosa c’entri tutto ciò con l’Alchimia, a parte l’oro … Il vello d’oro è solo il simbolo dell’arricchimento per Giasone, in un periodo in cui si afferma lo sviluppo mercantile e protocapitalista della Grecia arcaica come scrive Lawrence Sudbury in Per una semiotica del Santo Graal o c’è di più? Difficile dirlo. Bisognava chiederlo a tempo debito allo stesso Fulcanelli, ma ormai è troppo tardi.
3) Apollo ed Ercole: due facce della stessa medaglia? In molti, oltre lo stesso Fulcanelli, hanno dimostrato che Notre-Dame di Parigi, come l’altra altrettanto strabiliante cattedrale, quella di Chartres, altro non siano se non libri di pietra dell’Alchimia. I costruttori sembrano averci voluto lasciare dei testi muti dell’intera Opera. Guidati da chi ha decriptato queste immagini, concludiamo che l’anima impressa nelle cattedrali fosse molto più pagana di quello che vorrebbero le guide ufficiali… Diceva l’alchimista Julien Champagne nella sua Alchimie expliquée (L’achimia spiegata) del 1972: L’eterna alchimia è immutabile sul suo trono e riceve, contro il suo petto, la scala del Libro muto, lungo la quale salgono e scendono i messaggeri, nel loro desiderio di bere alle onde superiori e celestiali. Ed è sempre l’Alchimia che leggiamo nel gran libro di pietra …
Per ora, possiamo dunque concludere che le cattedrali furono molto di più di chiese cristiane e che numerosi furono i segni che vi lasciarono impressi i loro ignoti costruttori del loro amore verso l’Alchimia. In poche parole: i segni della occulta natura pagana delle cattedrali. L’ipotesi di Fulcanelli circa l’etimologia stessa di Arte Gotica o argotica, lingua degli Argonauti, accenna molto chiaramente a questa natura pagana.
E’ lecito chiedersi, a questo punto, che c’entri la mia tesi circa l’origine romana della scienza che guidò i costruttori delle cattedrali. O non piuttosto, un’origine greca, come dice Fulcanelli? Indubbiamente quei riferimenti ad Eracle-Ercole ed ad Apollo presenti nel mito di Giasone e degli Argonauti meritano di più delle poche righe che gli ha dedicato lo stesso Fulcanelli. Intanto, va considerata la coppia Ercole – Apollo come una sorta di dualità: Ercole è l’uomo che si fa Dio attraverso le 12 fatiche, che altro non sono se non l’aspetto simbolico del Conosci Te Stesso attraverso il fare, attraverso l’azione. Ma il Conosci Te Stesso è proprio l’insegnamento più prezioso e più profondo del Dio Apollo, Dio della Saggezza, della Conoscenza e della Luce.
Dunque, volendo sintetizzare; Apollo è il Dio della Luce e la sua energia scende dall’alto, dagli strati più sottili dell’etere (lo Aether) verso il basso, verso noi mortali; mentre Ercole è l’uomo che, attraverso un lungo processo di crescita. di purificazione e di autoanalisi – così come è simbolizzato dalle dodici fatiche – risale dalla mortale condizione umana verso quella immortale e divina e rappresenta dunque l’uomo che si fa dio. Un processo che sembra alludere proprio alla via ermetica, all’Alchimia.
Plotino ha scritto:
Sta agli Déi di venire a me: non a me di andare ad essi.
Agli Déi bisogna farsi simili: non già agli uomini da bene.
Non l’essere esenti dal peccato, ma l’essere un Dio – è il fine.
Questa filosofia di vita, questo modo di intendere la spiritualità starebbero forse dietro al mito del vello d’oro e alla lingua parlata dagli Argonauti, l’argonautica e, infine, alla stessa Arte Gotica? Ercole, l’uomo che ha raggiunto il fine, lascia al “giovane” Giasone il compito di guidare la pericolosa spedizione. Giasone è l’io dell’Alchimista. L’Alchimista deve sapere che la strada che vuole intraprendere è densa di ostacoli e di pericoli e che dovrà cavarsela da solo: ad Apollo potrà chiedere la Luce e la Conoscenza, ad Ercole, l’energia vitale e la forza, ma la risorsa principale dovrà trovarla in se stesso.
Nel suo cammino, troverà la strada sbarrata da Tifone, il titano, eterno nemico di Ercole, di Giasone e dell’uomo. Tifone è il simbolo dell’arroganza, della prepotenza, della tracotanza, della superbia, l’orgoglio, in una parola è il simbolo di ciò che i Greci chiamavano hybris.
4) Alchimia a parte: perché la linea energetica? Abbiamo dunque assodato la natura parzialmente pagana della cattedrale o forse addirittura essenzialmente pagana. E’ arrivato finalmente il momento di chiederci:
i) che scopo avevano le linee d’energia che investivano la cattedrale?
ii) poiché abbiamo ipotizzato la natura Romana della scienza dell’Animazione e abbiamo anche detto che in ogni Animazione i Romani erano in grado di immettere una sorta di Impronta Divina, e che ogni loro Dio aveva la sua speciale Impronta Divina, come una firma divina, una segnatura, ci chiediamo quali siano (o siano state) le Divinità presenti in Notre-Dame di Parigi.
iii) Che tipo d’Impronta Divina era presente in Notre-Dame?
© Roberto Zamperini
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Ricordo che in questo Blog numerosi sono stati gli articoli dedicati ad Apollo:
Tracce degli Iperborei in Gran Bretagna 1, 2, 3, 4, 5
Un templum non sempre era un tempio …
… ed altri ancora.
“L’eterna Alchimia è immutabile sul suo trono..”
alla ricerca del “Vello d’ Oro”..l’etimologia può aiutarci anche in questo caso… 🙂