Il blog di Roberto Zamperini

Se preferite avere un cancro piuttosto che pensare, cambiate Blog

Un concetto difficile da comprendere: il sentire di coscienza (6)

Come s’è visto in Che fine fanno i morti?  I corpi sottili dell’uomo e le ottave (2)  Cellule, celluline e Cellule Madri (3)  La prima forma di immortalità (4)  Dalla prima alla seconda immortalità (5)  la Cellula Madre (CM) sopravvive alla nostra morte e, probabilmente, sopravvive anche alla nostra seconda morte. Questo comporta una serie di domande, ma forse la più forte è che rapporto c’è tra la CM e il senso dell’io? Già, perché se la CM grazie ad una qualche disciplina sopravvivesse alla seconda morte e fosse all’origine stessa dell’io, avremmo l’immortalità dell’io!

Prima di continuare, occorre ricordare la lezione di Kempis sulla natura dell’io: si tratta, secondo il Maestro, di una struttura per così dire artificiale o se si vuole virtuale creata dalla nostra mente. Una struttura nella quale ci identifichiamo, come ci identifichiamo con la nostra macchina, la nostra casa, il nostro lavoro, il nostro conto in banca, il nostro corpo. Ma noi non siamo nulla di tutto questo. Noi non siamo il nostro corpo, noi non siamo la nostra mente, noi non siamo il nostro io. Ma cosa siamo allora?

Secondo Kempis, l’io in realtà non esiste, essendo solo un’invenzione della mente. Esiste solo il nostro sentire di coscienza.  Noi siamo sentire di coscienza. Già, ma cos’è il sentire di coscienza? E’ quel sentire interiore che, tanto per dirne una, ti trasporta dall’egoismo verso l’altruismo. Facile a dirsi, ma molto difficile a comprendersi. Si sarebbe tentati di vedere il non-egoismo come il fare l’elemosina, l’aiutare gli altri con atti caritatevoli e così via. Mentre sarebbe egoismo l’uccidere. Amore sarebbe  il fare l’elemosina, l’aiutare gli altri con atti caritatevoli, non uccidere e così via. Giusto? A prima vista sembrerebbe, eppure, non è così semplice.

Prendete il re Leonida e i 300 spartani più altri 2700 greci di altre città. Leonida era uno dei due re di Sparta. A lui e agli altri 2999 combattenti era stato chiesto di bloccare l’immenso esercito persiano al passaggio stretto delle Porte Calde o Termopili e di resistere fino alla fine. Lì, l’immenso esercito spartano sarebbe stato chiuso in un passaggio di cento metri, bloccati da un lato dal monte e dall’altro dal baratro che finiva nel mare. Il compito era ingaggiare lo scontro lì per rallentare l’avanzata persiana. Leonida ed i suoi lo fecero, ammazzarono mucchi di soldati persiani (poveracci: mandati lì a morire da un cosiddetto Gran Re!), nel frattempo permisero all’ateniese Temistocle (altro eroe) di infliggere una sonora lezione sul mare alla smisurata flotta persiana e infine permisero ai greci e in particolare agli ateniesi  di organizzare una difesa del tipo partigiano (l’esercito persiano non poteva essere attaccato frontalmente o altrimenti i greci sarebbero stati polverizzati). Atene bruciò, bruciarono i templi e le case, ma gli ateniesi, pur piangendo alla vista della città della civetta che ardeva, erano in salvo, pronti a colpire l’invasore. Leonida ed i suoi resistettero per oltre due giorni. Il terzo giorno, grazie ad un traditore, i persiani riuscirono ad oltrepassare il monte e a circondare i 300 + 2700 e finalmente ad annientarli. Leonida e i suoi morirono tutti sapendo che comunque alla fine sarebbero morti. E’ egoismo l’aver ucciso decine di migliaia di persiani? O non è piuttosto amore l’averlo fatto?

Leonida mi fa venire in mente un film di molti anni fa, intitolato Mission. Lì la storia era meno eroica, ma, per certi versi, ancor più esplicita. Siamo in America del Sud e ci sono due preti gesuiti. Uno è un ex soldato mercenario convertito. L’ex mercenario si innamora perdutamente della popolazione dei “primitivi” locali. Entrambi i preti lavorano in una missione accanto e per gli indigeni. Arriva un grande esercito spagnolo guidato e sostenuto dal legato pontificio che ha il compito di spazzar via la popolazione locale per far posto a grandi operazioni di sfruttamento del suolo. In nome della non-violenza, uno dei gesuiti si fa ammazzare senza opporre resistenza. L’altro, l’ex soldato mercenario, organizza invece una resistenza armata e combatte lui stesso in prima linea. Il suo compagno prima della battaglia finale gli chiede: “Ma ti rendi conto che ti presenterai al Signore con le mani sporche di sangue?”. Questo, nell’ottica di un cristiano equivale all’inferno. L’ex mercenario gli risponde: “Sì, lo so, ma il mio amore per questa gente è superiore all’amore par la mia anima”. Combatte, uccide e muore. Andrà all’inferno?

Gli Antichi (quelli della nostra Tradizione, per intenderci) non si sarebbero fatti venire dubbi: Leonida e il gesuita ex soldato mercenario sarebbero stati giudicati eroi caduti per la difesa della Patria. Come tali degni dei Campi Elisi, il luogo che accoglie i buoni. Non entro qui nel merito del significato della parola Patria, parola lungamente stuprata per secoli dai politici di tutte le risme fino ai tempi nostri, parola che ha un significato spirituale che un politico difficilmente può intendere, e mi concentro solo sul significato di sentire di coscienza. Il sentire di coscienza di Leonida era quello di immolarsi per la Patria, per i suoi figli, la moglie, i suoi concittadini, coloro che (come dice Erodoto) partecipavano della sua civiltà. (E, lo dico per inciso, si direbbe che il concetto di Erodoto equivalga ad un dipresso a quello di sentire di coscienza!).

Il sentire di coscienza di Leonida ( = il figlio del Leone) ha fatto sì che oggi, dopo due millenni e mezzo, la civiltà per la quale s’è battuto ed è morto, è ancora viva. Intendiamoci: è viva tra un milione di problemi, con gravi cadute verso il basso, in un’epoca di buio, ci sembra perduta per sempre, eppure è ancora viva. Ancora per inciso: naturalmente, quando parlo di Leonida non parlo certo solo di lui, ma di tutti gli eroi che caddero alle Termopili.

In conclusione, non semplificherei dunque il sentire di coscienza ai vulgata americaneggianti della mediocrissima New Age (volemose bbene, benediciamo la Terra, doniamo un obolo ai poveri, etc.). Le cose non sono così semplici. Noi sappiamo e io so che oggi sto qui e penso e sento e scrivo e parlo e vivo in un certo modo, che non mi prostro dinanzi ad un satrapo e che di lui non sono possibili prede mia moglie e mia figlia, che non ho corso il rischio di finire evirato per compiacere qualche potente,  perché un uomo del quale non conosco neppure i tratti del viso è morto per me, per la mia famiglia e per coloro che partecipano alla sua e alla mia civiltà, due millenni e mezzo fa. Il mio sentire (non di coscienza, quello “semplice”) mi dice che il sentire (quello vero, quello di coscienza) di Leonida era al punto d’arrivo di quella evoluzione “a perdere” di cui ho già parlato. Tanto a perdere che, nel suo caso,  la perdita comportò anche quella della vita.

Ora che abbiamo un po’ chiarito la vastità del concetto di sentire di coscienza, possiamo ritornare all’immortalità e alla CM.

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24 marzo 2012 - Posted by | Conosci Te Stesso, Ermetica ed Alchimia

12 commenti »

  1. Bellissimo

    Commento di gio904 | 24 marzo 2012 | Rispondi

  2. Kalòs kai agathòs!

    Commento di mario puccioni | 24 marzo 2012 | Rispondi

  3. Ecco, questo è il genere di post che amo…

    Certamente l’allenamento al “sentire di coscienza” è un allenamento a perdere; a rilasciare quelle che certe aree delle neuroscienze chiamano “strutture dell’esperienza”.

    Se c’è il pessimismo o l’ansia nella struttura dell’esperienza di qualcuno, solo rilasciando queste sue strutture potrà avere un sentire e un fare più “performante”.

    Stessa cosa avviene, ringraziando il cielo, per le strutture “positive”, o ritenute tali: il ben-pensare, le buone azioni, certa “spiritualità”, volemose bbene, ecc.

    Ma qua vorrei esplicitare certi dubbi che ho da sempre nel cuore; avendo partecipato solo all’introduzione TEV li ho lasciati stare, certo che ad un livello 2 o 3 del tuo percorso trovino risposta.

    Quindi, chiunque è avanti nel percorso, nonché tu che ne sei il fondatore, perdoni il quesito, probabilmente banale per certi livelli TEV, vedendo certe conversazioni estremamente tecniche sul Gruppo, a cui non mi azzardo a partecipare.

    Per me tutto, ma proprio tutto ha a che fare con il sentire di coscienza; cioè la coscienza materializza la sua verità (cioè se penso che qualcuno ce l’ha con me è vero e reale per me…), ma essa mette in piedi anche le Leggi stesse che sono alla base della sua strutturazione dell’universo, visibile o meno, tangibile o sottile…

    Esempio: se io so, che malgrado una battaglia feroce, la “mia anima” evolverà in maniera felice e potenziante (ok, chiamiamolo paradiso, insomma come desideriamo…), forse ne farò esperienza.

    O se io so e sento che il mio cuore verrà pesato dalla bilancia di Anubi, forse potrò averne esperienza.

    Per me lo stato di coscienza crea non solo l’esperienza ordinaria, ma anche le Leggi che governano il divenire.

    Oppure ci sono grandi Leggi obiettive, indipendenti dal nostro sentire di coscienza? Che ne so… la legge di Gravità, le Ottave, E=mc2…oppure “Più dai più ricevi”, ecc?

    La cosa mi ha sempre incuriosito da quando mi parlasti di Latino e inglese, di quanto sono reciprocamente potenzianti e depotenzianti per un italiano e di quanto ci si faccia del male inzeppando il linguaggio di americanismi. Mi sono sempre chiesto: “e io che faccio formazione e aggiornamento in inglese” sono depotenziato e non me ne accorgo, oppure ho uno stato di coscienza tale che il fenomeno mi prende di striscio?

    E’ una verità che non riguarda le Mie Leggi?

    E per dirtela tutta, una volta per tutte… Sentirsi nel profondo più o meno Aristocratici, in senso ampio, o Popolari, non è forse un sentire della coscienza?

    Io per esempio, ho avuto un papà impiegato, che dal punto di vista delle “conoscenze” che contano per me oggi mi ha lasciato a me stesso… Sono un autentico Plebeo, anche uno che non ha seguito un tracciato, ma tante, tante cose. Un vero Bastardo dal punto di vista dei percorsi.

    Ma questa è la MIA verità? Più di qualcuno mi ha detto di sentire il contrario quando mi è vicino…Allora?

    Vero e Reale per QUELLA coscienza?

    Grazie ancora sempre. Con affetto ti seguo (e pubblico le tue preziose cose)

    Commento di walter arrighetti | 24 marzo 2012 | Rispondi

  4. Gli Efori chiesero a Leonida: ‘Quali sono i tuoi piani? Vuoi sbarrare il passo ai Barbari?’.

    Lui rispose: ‘L’unica cosa che certamente faremo sarà di morire per i Greci’

    Commento di Frank Merenda | 24 marzo 2012 | Rispondi

    • Sì, ma è morto per qualcosa di ancora più grande. Non poteva saperlo, ma poteva sentirlo. Sentirlo di coscienza.

      Commento di Roberto Zamperini | 24 marzo 2012 | Rispondi

  5. Fantastico!! Mi hai fomentato e il mio DNA italo-greco ringrazia!!!! QUesto articolo trasmette un senso di nobiltà (non quello legato ai titoli) nel comportarsi in un certo modo. Avere coscienza che quando si agisce in un certo modo,si agisce per/in favore di/ e con qualcosa di molto grande/forte e puro è una grande ispirazione negli attuali tempi bui.

    Commento di Marco | 24 marzo 2012 | Rispondi

  6. Roberto, grazie con tutto il sentire di cui sono capace.

    Commento di simisel | 24 marzo 2012 | Rispondi

  7. Il sentire di coscienza è lo scopo della vita, è la “presenza”, è il collegamento con la nostra divinità nella quale siamo immersi. Ma le nostre emozioni, i pensieri, le associazioni meccaniche della mente, i desideri ci tengono lontani dalla nostra coscienza. Se ci osserviamo, nelle ventiquattr’ore, è tanto se riusciamo a stare per due minuti nel sentire di coscienza. Siamo addormentati ma ci crediamo svegli. Anzi, scusate, sono addormentato, non vorrei mai…

    Commento di rigel66 | 24 marzo 2012 | Rispondi

  8. Per me Tutto è Energia ed è strutturata come una infinita Matriosca.
    Il senso di appartenenza circoscritto a sé stessi, alla propria famiglia, al proprio ceppo somatico-culturale-religioso, al proprio territorio, alla propria nazione, al proprio continente, al proprio emisfero, al proprio mondo: noi personalmente dove ci troviamo?
    In quale punto della scala abbiamo calato l’ancora, per ora?

    L’Amore si trova in ognuno di questi, senza alcuna esclusione né giudizio.
    Perciò è sempre Amore ciò che ci spinge ( anche un egoista, anche paradossalmente chi offende in qualunque modo, è spinto dall’amore, quello di sé ), questo dobbiamo sempre tenerlo ben presente.
    Il Sentire è fatto in modo che per natura – per mezzo del confronto – si amplia sempre di più. Collezioniamo esperienze, concetti e riflessioni che continuamente ci offrono nuove comprensioni e nuovi punti di vista per arricchire ed ampliare ciò che “sentiamo”. Viviamo in un Universo magnetico ad inclusione ( l’esclusione non esiste ).
    Una creazione energetica – anche un pensiero – potrà trasformarsi, ma non potrà mai sparire nella sua essenza.

    Ricordo le parole di una medium che canalizzava un gruppo di entità venute a discorrere proprio su queste cose: ” Voi, Noi, Tutti non siamo altro che un immenso, sconfinato SENTIRE, non c’è altro oltre questo.”
    In effetti, la realtà esiste solo dacché la percepiamo. A livello strettamente personale, dico. Ma qui bisognerebbe entrare nel regno della fisica quantistica e sinceramente a quest’ora non è davvero il caso, anche perché la lascio a chi ne conosce più di me in materia 🙂

    Senza il confronto non c’è sviluppo di nessun genere – ovviamente più si va avanti e più si da la preferenza a confronti che riequilibrano le congestioni in modo civile 🙂

    A proposito, il Cleaner è arrivato e lo sto testando, con ottimi risultati 🙂

    Commento di Allison Burne | 25 marzo 2012 | Rispondi

  9. In buona sostanza la seconda morte sarebbe la conseguenza del continuo prostituire le proprie idee, i propri princìpi, i propri ideali in favore dell’effimero, dei vizi e del piacere immediato. Ho azzeccato qualche punto?

    Commento di Ivan | 26 marzo 2012 | Rispondi

    • Limitatamente a certe concezioni greco-romane, la morte dell’anima (quindi l’anima NON immortale) è realtà comune a tutti, meno che agli Iniziati. Il modo per sfuggire alla morte dell’anima era, secondo queste concezioni, l’Iniziazione ai Misteri. L’Iniziazione era anche una morte ed una rinascita spirituali e rituali. E l’Iniziazione stessa un’esperienza, più che un sapere, un conoscere. Ho letto molto sui Misteri, ma non credo sia onesto dire più di questo. Il resto è pura ipotesi, è opinione. Si sanno moltissime cose sul “contorno” del Misteri, ma assolutamente nulla sul loro reale contenuto.

      Commento di Roberto Zamperini | 27 marzo 2012 | Rispondi

      • Plutarco in ” De Facie in Orbe Lunae ” spiega il susseguirsi delle fasi della seconda e definitiva morte.

        Il ” Bardo Thodol ” ( la grafia del titolo dipende dalle varie traduzioni … ) traccia la storia di una persona nel Post Mortem.

        Ma, secondo me, e sempre il Maestro Julius Evola che, nel capitolo ” Paticca Samuppada ” ( Genesi Condizionata ) che troviamo in ” La Dottrina del Risveglio “,
        spiega, con un po di veli, il percorso da fare ….

        Un grazie a Roberto per aver portato l’attenzione su questo aspetto della vita di ognuno. Aspetto troppo trascurato dai piu.

        Sopratutto un grazie per il Cleanergy, un VALIDO AUXILIUM per la ” Testa di Corvo “.

        Commento di Arn | 27 marzo 2012 | Rispondi


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