Un Impero magico-religioso, oltre che militare e politico (2)
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La pratica consisteva in una formula magico-religiosa che solo il generale o dittatore romano, e da nessun altro, poteva e doveva recitare prima della battaglia, mentre nello stesso tempo si sacrificava un animale per sapere, grazie alla lettura delle sue viscere, quale sarebbe stata la risposta degli dei.
Esistono numerosi indizi che fanno pensare che molte divinità romane siano state acquisite nel modo descritto. Si crede, ad esempio, che tale sia stato il destino dei Dioscuri che erano eroi spartani per eccellenza, di cui il primo indomito pugilatore, mentre il secondo era un intrepido guerriero. Combatterono contro l’ateniese Teseo, aiutarono in più occasioni Giasone e parteciparono alla spedizione degli Argonauti. Per aver placato una tempesta in quella circostanza, furono considerati protettori dei naviganti. E’ assai probabile che fossero divinità venerate nel Sud Italia e poi passate nel Pantheon romano.
Una delle statue che ritraggono i Dioscuri nell’atto di smontare dal cavallo, sorretto da un Tritone. Sculture del V sec. a.C., dal tempio di Locri-Marasà (Reggio Calabria, Museo Nazionale
«SI DEUS SI DEA EST CUI POPULUS CIVITASQUE CARTHAGINIENSIS EST IN TUTELA, TEQUE MAXIME, ILLE QUI URBIS HUIUS POPULIQUE TUTELAM RECEPISTI, PRECOR VENERORQUE VENIAMQUE A VOBIS PETO UT VOS POPULUM CIVITATEMQUE CARTHAGINIENSEM DESERATIS, LOCA TEMPLA SACRA URBEMQUE EORUM RELINQUATIS ABSQUE HIS ABEATIS, EIQUE POPULO CIVITATI METUM FORMIDINEM OBLIVIONEM INICIATIS, PRODITIQUE ROMAM AD ME MEOSQUE VENIATIS, NOSTRAQUE VOBIS LOCA TEMPLA SACRA URBS ACCEPTIOR PROBATIORQUE SIT, MIHIQUE POPULOQUE ROMANO MILITIBUSQUE MEIS PRAEPOSITI SITIS UT SCIAMUS INTELLIGAMUSQUE. SI ITA FECERITIS, VOVEO VOBIS TEMPLA LUDOSQUE FACTURUM.» (Macrobius, Saturnalia, liber III, cap. IX.6)
Che sia un dio o una dea, sotto la cui protezione sono posti il popolo e la città di Cartagine; e soprattutto tu, che hai intrapreso la difesa di questa città; io vi prego e imploro e supplico a voi chiedo che voi abbandoniate il popolo e la città di Cartagine, e lasciate i loro luoghi, templi, cose sacre e la città, e vi allontaniate da essi, e che ne ispiriate il popolo e la città con paura, terrore e perdita del ricordo, e che uscendo veniate a Roma, a me e ai miei, e che i nostri luoghi, templi, cose sacre e città siano per voi più accettabili e graditi, e che vi disponiate per me e per il popolo romano e per i miei soldati, e che noi possiamo saperlo e capirlo. Se così avrete fatto, io faccio voto che vi consacrerò templi e solennità.
Cosa emerge da tutto questo…
1) ETRUSCHI. Tale pratica con annessa lettura delle viscere degli animali sacrificati ci riporta immediatamente agli Etruschi ed alla loro Arte Aruspicina ovvero l’arte di leggere presagi e il futuro dalle viscere di animali e non solo da questo.
2) UN PANTHEON ESPANDIBILE. Mi sembra anche di tutta evidenza la assoluta genialità romana: con la evocatio deorum il Pantheon romano si accresceva sempre più, via via che accrescevano le conquiste territoriali! Un impero, dunque, che, prima ancora che territoriale e politico, era un Impero Magico!
3) LIMES MAGICI. Non solo, ma, onde rendere più solido magicamente l’Impero, i Romani erano soliti costruire una rete di santuari, così come noi oggi faremmo con le dogane. I Romani definivano così i confini dello Stato creando una serie di santuari di divinità, cui veniva affidato il controllo del limes, ovvero del confine. In tal modo valicare un confine in armi era considerato un atto gravissimo ed irreparabile prima ancora che rispetto alle leggi dello Stato, soprattutto della religione. Per loro c’era un “confine comune agli dei ed agli uomini”, dunque un confine sacro.
La stele bilingue di Vercelli.
4) UNA PROTEZIONE MAGICA SEMPRE PIU’ DENSA. Poiché Roma espandeva sempre più i suoi confini, la pratica di cui sopra comportava che se un nemico avesse avuto l’intenzione di aggredire Roma stessa, si sarebbe trovato davanti ad una rete di protezione magica sempre più densa e potente via via che si fosse avvicinato a Roma.
Un Impero magico-religioso, oltre che militare e politico
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INVOCATIO da cui l’italiano INVOCAZIONE, che è parola che viene appunto dal latino ed è formata da in e da vocàre, ovvero chiamare a sé, implorare l’aiuto. Secondo Wikipedia, i medici romani all’inizio della ricetta compilavano sempre una praepositio o invocatio, ovvero una formula iniziale del tipo “In nomine Jovis” = nel nome di Giove.
Ben più interessante è la
EVOCATIO e EVOCATIO DEORUM (Evocazione e l’evocazione degli Dei) anche se, probabilmente, l’idea del Kremmerz possa non contenere tutta la verità. Comincerò con una breve descrizione di una pratica molto famosa: la evocatio deorum.
Premetto alcune brevi considerazioni. Dice Paolo Possenti, ne Le Province dell’Impero:
Certamente i Romani furono un singolare popolo di conquistatori perché non cercarono di sostituire la loro etnia a quelle locali. I Romani non furono un popolo che faceva migrazione di massa come i Germani, né conquistatori che sterminavano i popoli precedenti come gli Unni e i mongoli, né tanto meno come arabi o altri popoli orientali, che considerando la donna la preda più ambita, trasformarono profondamente le etnie precedenti. Gli arabi in particolare in un secolo riuscirono a modificare la composizione etnica dei territori conquistati eliminando fisicamente gran parte degli uomini e immettendo le donne nei loro Harem. Tale tipo di espansione etnica, il più odioso dal punto di vista occidentale, urtava completamente con la concezione monogamica della vita romana, con la disciplina ferrea delle legioni e con il rispetto che sempre i Romani portarono alla famiglia ed alla vita privata dei popoli vinti.
La conquista romana fu senza dubbio basata sulla forza delle armi, ma vi contribuì in maniera determinante la saggezza politica ed una severa moralità nella vita privata. Né la crisi e il collasso della classe dirigente tradizionale durante il I secolo dopo Cristo distrusse la sagacia e la capacità amministrativa degli elementi appartenenti alla piccola nobiltà e alla borghesia italica, che in realtà amministrerà l’Impero ancora per un paio di secoli.
Il miracolo della romanizzazione in vasti territori non avanza quindi con l’insediamento di popolazioni che l’Italia non aveva.
Certamente, i Romani erano gente capace e pragmatica, in grado di imparare e di perfezionare ogni cosa al massimo grado, dall’architettura alla medicina, dall’urbanistica all’arte militare, dal diritto alla letteratura e a quant’altro. Ma, mi chiedo, basta la forza delle armi, basta la sagacia politica, basta la superiorità tecnologica, la certezza del diritto a spiegare la loro fortuna? Mi ha sempre colpito questa frase di Plutarco: “Roma non avrebbe mai potuto assurgere a tanta grandezza se non avesse avuto in qualche modo origine divina, tale da offrire, agli occhi degli uomini, qualcosa di grande e di inesplicabile”. Questa origine divina inesplicabile merita di essere guardata anche dal punto di vista nostro, ovvero il punto di vista energetico. E usciranno cose molto interessanti. Ma, prima di tutto, occorrerà deporre gran parte della nostra presunzione moderna e ripartire da quanto loro facevano e credevano, senza ritenere a priori di trovarci di fronte a qualcosa che noi moderni siamo necessariamente in grado di comprendere e di gestire. Si vedrà infatti che, alla fine di una lunga analisi, nonostante molte cose saranno chiarite, un punto resterà, per dirla con Plutarco, inesplicabile: come facevano? Un segreto sepolto dai secoli. Almeno per me.
E’ ben noto che Roma non abbia mai imposto la sua religione e le sue divinità ai popoli che conquistava, anzi, è vero il contrario. La religione romana era pragmatica ed eclettica. Alcuni studiosi hanno affermato che a tutte le religioni venivano date “pari opportunità”: c’era spazio per tutti e per tutte, tanto che si calcolano almeno cento divinità maggiori e non meno di dodici misteri.
I romani erano ben consapevoli della importanza delle divinità proprie tanto quanto di quelle degli stranieri, soprattutto in tempi di guerra. Quando attaccavano un altro popolo, una città, una fortezza, per prima cosa tentavano di convincere gli dei del nemico, compresi i loro Genii Loci, a passare dalla loro parte. Come risultato di questa strategia magico-religiosa di guerra, esisteva una pratica denominata “evocatio deorum” (l’evocazione degli dei), che aveva l’obiettivo di neutralizzare il nemico prima di tutto prendendo “possesso” delle sue divinità, invogliandole a trasferirsi a Roma, dove ci si impegnava ad accoglierle con un apposito santuario, con preghiere, sacrifici e praticando il loro culto. Anzi, si faceva di più: ci si impegnava a far meglio del nemico e dunque che interesse avrebbero avuto le sue divinità protettrici a restare dalla sua parte?
by RZ
CONTINUA
Invocazione ed evocazione.
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Oltre i Lares, i Romani veneravano anche i Penates o Penati.
Da Wikipedia:
I Penati sono esseri spirituali della Religione romana, assimilabili agli angeli custodi del Cristianesimo.Sono gli Spiriti Protettori di una famiglia e della sua casa (Penati familiari o minori), ed anche dello Stato (Penati pubblici o maggiori). Il nome deriva dal Penus, “tutto ciò di cui gli uomini si nutrono”, o dal fatto che essi risiedono nel penitus, la parte più interna della casa, dove si teneva il cibo. Ogni famiglia aveva i propri Penati, i quali venivano trasmessi in eredità alla stregua dei beni patrimoniali. Il sacrificio ai Penati poteva avere cadenza quotidiana o occasionale.
I consoli, nell’assumere o nel rimettere la propria carica, erano obbligati a celebrare un sacrificio a Lavinio in onore dei Penati pubblici. Il culto dei Penati pubblici era connesso a quello di Vesta. I magistrati della città prestavano giuramento in viso ai Penati pubblici. Per i Penati della famiglia di Enea si conosce anche un culto pubblico, furono identificati come Penati di Roma, per il fatto che Roma veniva fatta ricondurre alla stirpe eneade. Per queste divinità esisteva un tempio sul Palatino, dove venivano rappresentati come due giovani seduti.
Questa statua è stata ben animata:
CONCLUSIONE. Cosa possiamo dire a proposito di quanto visto finora? Premesso che andrebbero fatte indagini ben più corpose, prendendo un gran numero di reperti (cosa non facilissima) sulla base del ridottissimo campione possiamo azzardare una prima affrettata conclusione. I reperti mostrano una interessante concentrazione energetica, che, presumibilmente, è l’effetto della memoria sui materiali usati di preghiere, riti, invocazioni, eccetera. Nulla di più, insomma, di forme-pensiero che si sono andate accumulando nel tempo.
E’ tempo di passare alla divinizzazione vera e propria, dove si scoprono i fenomeni più notevoli, se non addirittura in molti casi, strabilianti.
La scoperta della divinizzazione di statue e monumenti
Una nota preventiva. Da qui e nel seguito userò spesso il virgolettato ad indicare la mancanza nell’attuale Dizionario della Lingua Italiana di termini che indichino con precisione certe realtà alle quali da secoli non abbiamo più dato cittadinanza. Me ne scuso, essendo ben consapevole del fastidio che una tale uso smodato possa dare nel Lettore, ma confido nella sua comprensione.
Vorrei interrompere momentaneamente la breve descrizione iniziata per spendere due parole sul come e il perché sono arrivato (senza peraltro saperne nulla) alla ri-scoperta personale di quest’arte degli Antichi ed in particolare dei Romani. Questo è un argomento interessante poiché all’inizio non ne sapevo quasi nulla e la scoperta di “Entità” energetiche all’interno di certe statue romane mi sembrò subito qualcosa che andava al di fuori di ogni mia precedente esperienza. Energia di forme-pensiero inserite dai loro creatori o dai fedeli? Esaminai questa ipotesi, che mi sembrò subito da scartare. Il tipo di Energia che abitava quelle statue, quei monumenti aveva una qualità, certe caratteristiche che mi erano sembrate subito più vicine all’energia di un essere vivente, che non a quella di una forma-pensiero.
1) Mi resi conto subito di un fenomeno assai particolare. L’energia di una forma-pensiero tende a smorzarsi e, se le invii altra energia, semplicemente la assorbe, per così dire, in modo passivo. Queste Entità energetiche avevano invece un comportamento assolutamente differente: non si limitavano ad assorbire, ma, come se fosse stato destinato Loro un omaggio o addirittura (mi si perdoni il termine) un sacrificio (da sacer = sacro e facere = fare e dunque render sacro e, come dice il Dizionario Etimologico, offrire doni alle Divinità privandosene sé medesimi), Esse rispondevano ampliandosi a volte in modo imprevedibile.
2) Inoltre, nel caso di una forma-pensiero, ma potrei dire anche di un cristallo, di acqua o di olio, l’oggetto cui si inviano tipi diversi di energia non sceglie alcuni tipi e ne scarta altri. Nel caso di codeste Entità Energetiche le cose andavano ben diversamente. Per chi ne capisce di energie sottili: c’erano alcune “statue” (dovrei dire più correttamente “Entità Energetiche che albergavano in alcune statue) che sembravano gradire certe energie e rifiutarne decisamente altre; mentre altre “statue” facevano il contrario.
3) Infine, dopo tali “sacrifici” (nel vero significato originale del termine) le Entità Energetiche sembravano diventare qualcosa di completamente differente da ciò che erano in origine.
Queste considerazioni mi portarono presto a pensare che “dentro” certe statue e certi monumenti i Romani dovevano, utilizzando una tecnologia sottile a me totalmente sconosciuta, aver “inserito” Entità Energetiche che erano, per così dire, vive e dotate di consapevolezza. Una scoperta per me assolutamente sconvolgente! Un conto è parlare di esseri invisibili della Natura, un conto è scoprire che un popolo tanto antico, anche se le sue tracce sono a me così vicine spazialmente, fosse talmente tanto avanti nella Scienza Sottile da essere in grado di far “abitare” statue e monumenti da Entità Energetiche in qualche modo ancor oggi viventi e consapevoli.
Ma come potevano i Romani fare questo? E poi: poiché le fonti storiche fanno risalire la Telestica ai Greci, forse i Greci avevano insegnato quest’Arte ai Romani e di essi erano ancor più grandi?… E ancora: ritroviamo quest’Arte solo nei Greci e nei Romani o anche in altre Scienze Sacre di altri popoli? Cosa è rimasto di questa Scienza in tempi più recenti?
Prima di tentar di rispondere a queste e alle tante altre domande che si affollano nella mente, ritorniamo al Kremmerz e vediamo cosa dice della Teurgia:
Magia, psicurgia, teurgia, queste sono le tre grandi divisioni della scienza occulta, le quali corrispondono ai tre mondi: naturale, umano, divino; non possiamo non istudiare in alcune brevi pagine i mezzi occulti concessi agli uomini per mettersi in rapporto fra loro e cogli esseri dei mondi naturale e divino. Questi mezzi sono di due specie principali; vi è: l’EVOCAZIONE e l’INVOCAZIONE;
evocare vale far salire fino a sé un essere inferiore;
invocare vale montare fino ad un essere superiore; il mago evoca gli elementari;
il teurgo invoca gli dei; l’occultista che professa la psicurgia evoca ed invoca al tempo stesso gli uomini—vivi o morti— coi quali vuol mettersi in rapporto, li chiama a sé e fornisce la metà del cammino; almeno tale è il caso più frequente, poiché certi uomini devono essere assimilati agli elementari ed altri agli dei; ciò contiene un grande mistero.
Dall’esposizione del Kremmerz emergono due parole-chiave: INVOCAZIONE ed EVOCAZIONE.
by RZ
…SEGUE
A ciascuno la sua protezione. I Lari.
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https://zaro41.wordpress.com/2014/04/24/divinita-nelle-statue-monumenti-archi-obelischi-eccetera-seconda-parte/
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I Romani credevano dunque che esistessero, oltre al Genius Loci, delle altre “divinità” minori, vere e proprie presenze, potenze domestiche (i Numina, se si vuole distinguerli dagli Dei veri e propri) come i Lari e i Mani a difesa della famiglia. I Lari erano i protettori del focolare, ovvero della famiglia.
Dice sempre Wikipedia:
I Lari (dal latino lar(es), “focolare”, derivato dall’etrusco lar, “padre”) sono figure della mitologia romana che rappresentano gli spiriti protettori degli antenati defunti che, secondo le tradizioni romane, vegliavano sul buon andamento della famiglia, della proprietà o delle attività in generale.
Naturalmente, i più diffusi erano i Lares familiares, che rappresentavano gli antenati. L’antenato veniva raffigurato con una statuetta, di terracotta o di cera, chiamata sigillum (da signum, “segno”, “effige”, “immagine”). Tali statuette venivano collocate in apposite nicchie e, in particolari occasioni, onorate con l’accensione di una fiammella.
Servio scrisse che il culto dei Lari era stato indotto dall’antica tradizione di seppellire in casa i morti. Secondo la testimonianza di Plauto i Lari venivano rappresentati come cani e le loro immagini venivano conservate nei pressi della porta di casa. In prossimità del Natale dell’antica Roma, si svolgeva la festa detta Sigillaria (20 dicembre), durante la quale i parenti si scambiavano in dono i sigilla dei familiari defunti durante l’anno.
I Lari ebbero anche un culto pubblico: esistevano i Lari dello Stato, e i Lari Compitales (Lari degli incroci).
Alle volte, ai Lari venivano dedicate cappelle o altarini dipinti.
Se tutto questo vi sembra semplice superstizione di popoli antichi, arretrati e “pagani”, vi voglio ricordare qualche mia esperienza in Thailandia, Paese che ho esplorato per più di un giorno. In quel Paese, dunque, la gente, sempre e prima di costruire una casa o un albergo o anche prima soltanto di iniziare ad ampliare una casa o un albergo o un ufficio pubblico, costruisce la casetta degli spiriti, senza la quale, i thailandesi credono che l’abitazione e i suoi abitanti avranno in futuro ben poca fortuna. Ricordo i sorrisetti di compatimento del gruppo in cui mi trovavo (tutti italiani) che evidentemente considerava questa abitudine null’altro se non sciocca superstizione. Una rapida “occhiata” sottile a tali casette bastava però a rendersi conto le cose erano tutt’altro che legate a sciocca superstizione e che esse erano davvero abitate. Abitate da esseri invisibili, ma non per questo inesistenti!
Circa i Lares Compitales (i Lari degli Incroci), nel mio lungo peregrinare studiando l’energia dei luoghi, ho trovato spesso incroci o tratti di strada maledetti, in cui la frequenza degli incidenti è altissima ed inspiegabile con l’analisi della Statistica. Forse se ai Lares Compitales di quegli incroci fossero stati dedicati alcuni pensieri gentili e meno cartelli di pericolo, la frequenza degli incidenti sarebbe crollata.
by RZ
(segue)
Nonluogo? No grazie: spazio antropologico.
Affinché una città o fortezza rimanesse integra, il nume doveva continuare ad abitarvi. C’era dunque anche il Genio di un villaggio o addirittura di una città. Le oche sono collegate al Genius Loci del Campidoglio. Quando Roma, nel 390 a.C. fu invasa dai barbari provenienti dalla Gallia, le oche, starnazzando, svegliarono il console Mànlio Marco Capitolìno, che li mise in fuga. Omero, nell’Odissea, (XII. 205-6), descrive come le Ninfe tessevano di continuo insieme elementi diversi. Racconta Omero che, nella grotta dove trova rifugio Odisseo, sbarcando ad Itaca, «vi sono telai sublimi di roccia, dove le Ninfe / tessono drappi dai bagliori marini…».
A proposito, la parola latina Genius è molto diversa dal suo significato attuale. Genio sta per generatore della vita. Dice Wikipedia: Nella religione romana, il Genio (lat. Genius, plurale Genii) è uno spirito o, più correttamente, un nume tutelare, considerato come il custode benevolo delle sorti delle famiglie e dei singoli. Nel tentativo di chiarirne la natura ne sono state date definizioni approssimative, come “anima”, “principio vitale”, “angelo custode”. Ognuno di noi ha poi un suo genius legato alla propria nascita, il dies natalis, e da qui discende la nostra abitudine di festeggiare il giorno del nostro natale. E, ovviamente, il Natale più importante è, nel Cristianesimo, quello in cui si crede sia nato Gesù.
Un particolare che, come vedremo, assumerà grande importanza nel seguito è il seguente: la parte del corpo in rapporto con il Genio è la fronte. Dice infatti Servio che “la fronte è consacrata al Genio, per cui quando lo veneriamo ci tocchiamo la fronte”. (Mi viene in mente, tra l’altro, l’abitudine di tutte le mamme e tutti i papà di baciare i figlioli sulla loro fronte a mo’ di benedizione e il segno della croce cristiano che parte dalla fronte).
Un altro particolare di un qualche interesse è il seguente: i Romani raffiguravano il Genius spesso come una figura alata e la somiglianza con gli angeli del Cristianesimo non mi sembra casuale.
Wikipedia descrive così il Genius Loci: un’entità soprannaturale legata a un luogo e oggetto di culto nella religione romana. Tale associazione tra Genio e luogo fisico si originò forse dall’assimilazione del Genio con i Lari a partire dall’età augustea. Secondo Servio, infatti, nullus locus sine Genio (nessun luogo è senza un Genio) (Commento all’Eneide, 5, 95).
Secondo le prescrizioni del Movimento Tradizionale Romano, il Genius loci non va confuso con il Lare perché questi è il Genio del luogo posseduto dall’uomo o che l’uomo attraversa (come i Lari Compitali e i Lari Permarini), mentre il Genius loci è il Genio del luogo abitato e frequentato dall’uomo. Inoltre quando si invoca il Genius loci bisogna precisare sive mas sive foemina (“che sia maschio o che sia femmina”) perché non se ne conosce il genere.
Prima di chiudere il discorso sul Genius Loci, mi si consenta una digressione al tempo moderno. Con il neologismo nonluogo Marc Augé definisce quei luoghi, quegli spazi che sono identici tra loro in tutto il mondo. Potreste andare a Manila, nelle Filippine, ed entrare affamati in un McDonald come unico luogo in cui non troverete topolini in mezzo ai grandi piatti riscaldati e chiedervi se siete a Manila o a New York o a Roma. Oppure potreste entrare in uno shop dell’aeroporto di Madrid e chiedervi se siete a Madrid o a Parigi o a Londra e forse solo le etichette potranno (ma non sempre) aiutarvi a capire dove vi trovate. Questi sono nonluoghi. Un nonluogo, è evidente, non ha un’anima. Secondo lo stesso Marc Augé il contrario di nonluogo è spazio antropologico. Ma cos’è questo spazio? Quello che ha un’identità, diremmo un’anima e dunque un Genius Loci! Abbiamo creato i nonluoghi uccidendo i geni del luogo! Per vivere in un pianeta dove tutto è uguale a tutto in ogni parte del mondo. E tutto è ormai senz’anima! Che distanza dai Padri Romani! Siamo proprio certi che Loro erano primitivi, arcaici e superstiziosi e noi moderni civilizzati e scientifici?
Genius loci e la sacralità di un bosco.
Un’esperienza che tutti possono fare, se hanno sensibilità energetica, è la seguente. In un bosco possibilmente poco frequentato dalle masse e dai turisti, cercate uno spiazzo senza alberi. Ce ne sono un po’ ovunque nei boschi e alcuni d’essi hanno carattere sacro. Bene, entrate nello spiazzo senza tanti complimenti. Testate in giro e non sentirete nulla di notevole. Testate anche la vostra energia complessiva e memorizzatela. Poi, uscite dallo spiazzo. Aspettate qualche minuto e rientratevi, ma, stavolta, con rispetto e circospezione, rivolgendo al bosco una semplice richiesta (mentale o ad alta voce) del tipo: “Posso avere il vostro permesso di entrare?”. Aspettate qualche secondo e testate tutt’intorno a voi e sarete sorpresi di vedere quanti “personaggi” sottili cominciano a farsi vivi. Può darsi che vi sentirete sfiorare, toccare delicatamente. Testate anche la vostra energa e sarete sorpresi nel constatare che è molto più forte di prima. Ecco un esempio “alla moderna” di rapporto corretto ed educato (stavo per dire gentile!) con i genii del luogo!
Perché dovremmo dunque sorprenderci se gli Antichi e i Nostri Padri Romani pensassero che ogni luogo, ogni persona avessero il loro Genius a suo presidio e difesa? A proposito di luoghi, dice infatti Servio che “nessun luogo è senza un genio” (nullus locus sine Genio). Il Genio preesiste al luogo oppure ne diventa il custode con il passare del tempo. Questo processo è l’equivalente di una sorta di acquisizione di un’anima da parte del luogo, se si vuole, un’animazione naturale. Secondo i Romani, vi sono vari tipi di Genius Loci a seconda della natura del luogo.
Le Ninfe (dal greco nymfe “fanciulla futura sposa”) erano considerate figlie di Giove o di Urano e vivevano nelle fontane, nei ruscelli e nel mare. Non erano immortali, ma in genere avevano una lunga vita. Ne esistevano di tantissimi tipi diversi, ninfe dei prati, dei boschi (le Driadi), c’erano le ninfe delle sorgenti e dei laghi, che apportavano fecondità; le ninfe dei campi, dei burroni, dei lagh, degli stagni, delle fonti. Le Nereidi dimoravano nel mare; le Oreadi o Orestiadi nelle montagne e nelle grotte. Le Driadi e le Amadriadi erano spiriti degli alberi, dei boschi e delle foreste; secondo antichissimi miti, ogni Amadriade nasceva con un albero da custodire e viveva nell’albero stesso o nelle vicinanze. Poiché, quando il suo albero crollava, anche la driade moriva, gli dei punivano chi ne aveva causato la distruzione.
Chiunque abbia seguito un corso di Domoterapia con me ben conosce le Amadriadi, che solitamente chiamiamo con il termine più moderno di elementale dell’albero. Ho sentito storie di alberi abbattuti in gran numero nei pressi di quartieri di città, nelle quali, dopo qualche tempo dalla loro scomparsa, le persone lamentavano malattie e sintomi vari. C’è da stare allegri pensando alle deforestazioni sempre più frequenti in questo mondo moderno e ai ripetuti incendi estivi nel nostro Paese!
Divinità nelle Statue, Monumenti, Archi, Obelischi, eccetera SECONDA PARTE
Segue a: Divinità nelle Statue, Monumenti, Archi, Obelischi, eccetera PRIMA PARTE
Da dove proviene questa scienza segreta? Diceva Giuliano Kremmerz:
Le origini della scienza alchimica, della filosofia ermetica e dell’arte spargirica risalgono alla più remota antichità. Nelle fraternità iniziatiche perdura tuttora la tradizione che queste metafisiche trascendentali fiorissero splendidamente in seno alla misteriosa Atlantide ed alla vetusta Lemuria, i cui tempi, cinquantamil’anni prima di Cristo, lasciarono i loro segreti in retaggio ai santuari indiani ed egiziani. Non potendo riferirci a epoche sì remote che il tempo, – che distrugge perfino le idee,—con la sua forza rende incerte, ci limiteremo a scrutare la rivelazione egiziana, i cui sacerdotali documenti ci furono trasmessi sotto forma di geroglifici celati dal triplice velo isiaco…
La Scienza Sacra dell’Egitto, gelosamente custodita dai collegi magici, comprendeva l’integrità di quello che noi, al dì d’oggi, chiamiamo Occultismo; comprendeva cioè le varie branche della Perfetta sapienza: la teurgia, la taumaturgia, l’astrologia, l’alchimia[2] e la magia. Da ciò si vede ch’è impossibile considerare isolatamente lo stato d’una sola di queste cognizioni. Un intimo legame le rappiccava e le rappicca l’un l’altra, in virtù della legge dell’analogia, che regna sui tre piani dell’universo, e senza il cui aiuto si cade nelle sterili incertezze della specialità contemporanea.
Dunque, secondo il Kremmerz, è all’Egitto che dovremmo guardare e prima ancora all’India e ancor prima, in un passato ormai nebuloso ad Atlantide. Restando all’Egitto, ai Greci ed ai Romani, è con quest’ultimi che, come vedremo, la Telestica raggiunse (almeno secondo la MIA opinione e la MIA pur limitatissima esperienza) il massimo assoluto di efficacia e potenza. Prima di affrontare di petto questo tema sarà dunque bene dare un’occhiata davvero a volo d’uccello della religiosità romana.
Genius Loci, Lari, Penati: divinità minori della Religio Romana
I Romani, come tanti popoli Antichi, erano perfettamente consapevoli che in Natura tutto è vivo e cosciente e in essa non ci sono solo gli esseri studiati dai biologi, ma anche esseri invisibili, che spesso sembrano posti a difesa di boschi, di sorgenti, di spiagge, di fiumi, di montagne. Insomma, a difesa di luoghi. Loro chiamavano queste divinità “minori” Genii Loci. Il Genius Loci è presente un po’ ovunque nei boschi, presso i fiumi e le sorgenti, le montagne, i vulcani (ma adesso stanno diventando rari a causa dell’inquinamento e soprattutto del nostro pessimo rapporto con la Natura, che tende a scacciarli).
Un tempo, durante i miei corsi di Domoterapia ero solito portare la classe in aperta campagna per insegnare a sentire la presenza degli esseri invisibili della Natura. Ricordo ancora un corso in Sardegna, presso Cagliari, alla Tomba dei Giganti. Dopo le solite rilevazioni d’uso (che sono sempre un po’ “meccaniche” e “meccanicistiche”) scendemmo in fondo ad una sorta di valletta che, evidentemente, era bagnata da un ruscello durante il periodo invernale e durante l’estate era secca, ma ricca di piante e d’alberi. Dopo una prima fase di facile addestramento nel percepire la presenza degli esseri invisibili della Natura di quel luogo magico, gli amici sardi diventarono abilissimi nell’individuare questi esseri e taluno cominciò perfino a vederli.
Roberto Zamperini
Divinità nelle Statue, Monumenti, Archi, Obelischi, eccetera
Ricordo a tutti che il mio interesse non è centrato sul SAPERE o sul CONOSCERE, ma sul FARE. Dunque, sapere è per me funzionale al FARE oppure è del tutto inutile. Quanto segue è solo un primo approccio al problema. Non sono un esperto in materia e, se sbaglio, chi ne sa più di me mi correggerà con mia massima tranquillità e senza miei traumi. Ho tentato di farmi aiutare da altri, ma, come vi dirò, con scarsissimi risultati. Tanto vale dunque contare sulle mie e sulle nostre forze, trattando la cosa con voi e tra noi, cioé tra esperti dell’Energia (tenendoci magari il nostro buon MP quale esperto in grado di correggere eventuali sciocchezze o anche di dirigere il discorso verso lidi più consoni al corretto risultato!) Che i Numina ci guidino.
Premetto che il termine Animazione delle Statue è un equivalente di Divinizzazione. Secondo la Tradizione, gli Antichi erano in grado di “animare” le statue. Vedremo più avanti l’esatto significato del termine, che comunque non deve essere inteso nel senso dei … cartoni animati. Cioé: le statue animate restavano ferme! Con divinizzazione o animazione si può intendere la presenza all’interno della statua o dell’oggetto di una divinitas, fenomeno che in effetti è spesso facilmente percepibile – almeno a chi come noi ha percezione delle energie – in molte statue, soprattutto in quelle romane. Questa presenza si sente facilmente come una potente sorgente d’energia, pulita, chiara inesauribile. Questa “tecnologia sottile” che permetteva questi risultati era parte di una vera e propria Scienza Sacra, in gran parte per noi perduta, ed era chiamata dai greci Telestica Della Telestica neoplatonica si trovano accenni in Giamblico, in Proclo e, credo, in Plotino.
Ma cos’era esattamente la Telestica? Che scopi aveva? Come si procedeva?
La telestica e la teurgia.
LA TELESTICA (da questa parola deriva l’italiano talismano dal greco telèo = consacro o rendo perfetto) era una particolare forma di teurgia. . Dunque esaminiamo per primo il significato di teurgia. Anche questa è una parola che viene dal greco: (theourghìa = thèos dio + ourghìa = opera, quindi operare con o grazie agli Dei. La teurgia, dice Wikipedia, è una pratica magico-religiosa che consiste nell’evocazione di potenze ultraterrene (angeli) al fine di comunicare o di unirsi a loro traendone benefici spirituali, o di manipolarle per scopi magici. Si attua attraverso operazioni rituali, di carattere cerimoniale – gesti ineffabili condotti con precisione e solennità – che utilizzano simboli, formule o altro che, in senso analogico, siano adeguate ad attirare l’energia sovrannaturale desiderata. I simboli, i gesti e la lingua usata non devono essere comprensibili e non devono in alcuna maniera essere conoscibili in senso razionale. Gli stessi nomi delle entità evocate sono in “lingue barbare” antiche o comunque sconosciute ai partecipanti. L’efficacia del rito dipende dalla sospensione della razionalità umana per consentire l’attivazione degli elementi psichici superiori che ricevono l’energia divina o daimonica.
E veniamo finalmente alla telestica, che è una forma particolare di Teurgìa. Si tratta di un’operazione magica, con la quale si volevano caricare o animare statue o oggetti, che in questa maniera potessero svolgere una funzione magica o propiziatoria o essere utilizzati per rituali religiosi.
Celebri teurghi dell’antichità furono Ermete Trismegisto e Giuliano il Teurgo. By RZ
SEGUE
Quando gli uomini incontrarono gli Dèi (2)
Non entrerò nel dilemma sollevato da alcuni Lettori in La Culla degli Dèi o la Culla degli Uomini? (1) sulla natura atlantidea o post-atlantidea dei resti del grande complesso di Göbekli Tepe.
Mi limiterò soltanto ad alcune notazioni circa le affermazioni contenute nel filmato di History Channel.
1) Qualcuno di voi ha già notato e criticato l’approccio del tipo “Ma come hanno fatto dei primitivi a fare una cosa tanto grande e perfetta?” dove per primitivi si intende “Non dotati di tecnologia” e, implicitamente, “noi moderni invece la tecnologia ce l’abbiamo tanto è vero che è perfino in grado di portarci sulla Luna”. Come dire che è scontata la doppia equazione: tecnologia = civiltà, non-tecnologia = cultura allo stato primitivo! Inutile sottolineare quanto un simile approccio sia presuntuoso, arrogante e, permettetemelo, primitivo! Come se la civiltà si misurasse a suon di razzi o di computer. Con approcci del genere, i Greci, che pure hanno costruito tutt’al più il Partenone, che, straordinaria bellezza a parte, non è niente di grandioso, sarebbero da considerarsi poco più che semi-civilizzati! Ci sarebbe da scompisciarsi dalle risate, se, purtroppo, questo non fosse l’approccio che da un lato genera filmacci come Spartacus (ne ho visto un paio di scene e m’è bastato), di idiozie pseudo-culturali e pseudo-spirituali come quelle che ci affliggono da anni e che provengono pari pari da equazioni come quella di cui sopra, costantemente implicite in tutti i libri, in tutti i film, in tutti i prodotti “culturali” che questa società ci ammannisce .
2) Divertentissimo è invece scoprire che gli “esperti” sono rimasti a bocca aperta (con pericolo grave di blocco della mascella) allorché hanno scoperto che Göbekli Tepe è il prodotto di una società non-agricola! Perché è divertente? Perché l’altra equazione ovunque implicitamente sottintesa era:
AGRICULTURA > TEMPO LIBERO PER PENSARE > CULTURA > SPIRITUALITA’
Scoprire che la spiritualità esisteva PRIMA della scoperta dell’agricoltura deve essere stato, per i nostri soloni, un colpo al cuore. Ma come? Ma allora salta tutto? Ma allora la spiritualità è molto più antica di quanto pensavamo? Ma allora dobbiamo riscrivere tutti i nostri libri! Essì, cari miei: riscrivete i vostri libri e ripensate i vostri schemini, in attesa del prossimo tsunami che cancelli i vostri castelli di sabbia e di illusioni!
Già, perché gli uomini, solo dopo la scoperta dell’agricoltura, liberatisi dalla schiavità della caccia e della raccolta, si sono messi a pensare. Un’attività rivoluzionaria: prima erano capaci, tutt’al più, di architettare trappole per conigli. L’uomo è diventato intelligente! Prima era solo un povero scemo. E invece no, signori, miei: tutto falso! L’uomo, ancorché cacciatore-raccoglitore era già intelligente (a vedere come dipingeva a Lascaux e ad Altamira, direi anche intelligentissimo). E, magari, era già capace di avere una spiritualità! Catastrofe!
4) L’ultimo elemento del programma è “quale spiritualità in Göbekli Tepe“? Be’, è ovvio: gente così rozza, così poco civilizzata, non poteva avere che una spiritualità da quattro soldi. E cos’è invece una vera spiritualità? Il programma non lo dice, ma si sa, la spiritualità comincia con il monoteismo, magari con un certo monoteismo. Prima l’uomo non aveva altro se non forme primitive di animismo. Credeva scioccamente che il tuono e il fulmine fossero forze divine. Solo dopo millenni, con l’evoluzione, comprese che le cose non stanno così. Magari, perché, Dio (quello vero) gli disse come stanno davvero le cose.
A) DOVE STA L’ENERGIA A GOBELKI TEPE? Per ultimo, consentitemi di oltrepassare gli angusti limiti del programma televisivo e di affrontare la cosa con i nostri occhi e la nostra capacità di sentire l’energia. Che cosa ci dice dunque Göbekli Tepe se ne analizziamo l’energia? Già alcuni di voi hanno sottolineato che si tratta di un luogo di grande energia. Ed è vero. Ma c’è un elemento che va sottolineato: a Göbekli Tepe l’energia non sta nei monoliti. No:
Dunque, non si tratta di forme-pensiero create dagli abitanti, si tratta di un luogo Sacro, che l’uomo si è limitato a scoprire, ma che non ha in alcun modo creato. L’uomo ha solo sottolineato la sacralità del luogo, costruendo un complesso di templi straordinari, ma la natura spirituale del luogo era precedente alla sua costruzione.
Göbekli Tepe è una di quelle Impronte Divine di cui io parlo spesso. Un’Impronta Divina, come quella di Delfi, come quella del Palatino e come quella di altri luoghi sacri nel mondo. Luoghi in cui si manifesta (per ragioni a noi sconosciute) l’Energia Divina. Insomma,
Göbekli Tepe è un omphalos: è uno degli “ombelichi” spirituali del Mondo.
Avete capito? Un luogo di spiritualità mondiale, altro che un luogo dove si sono misurati con la loro rozza e primitiva spiritualità degli animisti di 12.000 anni fa!
B) DA DOVE VIENE L’ENERGIA DI GOBELKI TEPE? Basta un semplice test per rendersi conto che l’Energia scende dall’alto. Si tratta di un luogo di spiritualità solare. Energia che accosterei a quella apollinea.
C) LA MIA TEORIA. Le Impronte Divine, gli omphalos, sono dunque dei luoghi dove si manifestano Energie Divine. Il loro scopo è quello di modificare l’uomo, donandogli una dimensione di grande spiritualità. Come e perché certi luoghi, piuttosto di altri e perché in certi periodi storici, piuttosto di altri supera la mia comprensione.
A Göbekli Tepe per millenni, non ci furono degli Dèi fabbricati dalle menti degli uomini, ma menti di uomini “fabbricate” dagli Dèi. L’uomo, in luoghi come questo, incontrò il Divino ed iniziò ad entrare nella dimensione spirituale.
Una giornata con le Energie Numinose
Tratte dall’ottimo servizio fotografico di Luciano A. ecco alcune foto dei momenti energeticamente più densi di un’intera giornata passata con le Energie Numinose il 21 Aprile 2765 AUC, Natale di Roma. (Le foto NON sono in ordine cronologico). Ecco i momenti più salienti:
1) incontro con SatUrNus
2) lo scettro di Massenzio (R1!!!)
3) l’Arco di Settimio Svero
4) il passaggio dell’Arco di Augusto e il primo approccio con JaNus
5) contatto con Vesta
6) l?arco di Tito e approccio con JuPiter
7) l’Ara di Giacomo Boni e Apollon
8) la visita all’Impronta Divina di JaNus al Gianicolo.
Sarebbe bello se tutti i partecipanti scrivessero qui le loro impressioni.
Grazie.
MESSAGGIO PER CHI PARTECIPERÀ ALLA VISITA GUIDATA DEL 21 APRILE
Ma dove sono finiti i marmi di Roma?
MESSAGGIO PER CHI PARTECIPERÀ ALLA VISITA GUIDATA DEL 21 APRILE Alla scoperta delle Energie Numinose di Roma
Chi non ha mai visitato il Foro Romano e il Palatino spesso resta interdetto dal fatto di vedere solo una serie interminabile di pietre, di statue decapitate, di capitelli abbandonati qua e là, di archi di cui restano solo le tracce delle fondamenta. E al visitatore si chiede uno sforzo immane di immaginazione per ridare a quelle poche pietre senza vita, la grandezza straordinaria d’un tempo.
Ai turisti che visitano le “rovine” della Città Eterna si ripete da sempre una storia: “Le rovine che vedete sono il risultato della devastazione ad opera dei barbari“. Già, i barbari. Ci si immagina barbuti e feroci demolitori venuti dal nord e intenti a devastare Roma e le sue straordinarie bellezze. Ma è proprio vero? La cupola del Pantheon era ricoperta di bonzo trattato in modo da sembrare dorato: alla luce del tramonto creava straordinari riflessi. Come mai oggi è sostituito da piombo? Ci si potrebbe chiedere, tanto per dirne una, che fine abbiano fatto i tantissimi preziosi marmi che ornavano palazzi, templi e ville. Possibile che siano tutti scomparsi? Polverizzati, volatilizzati? Ma dai, non può essere. E di fatto, non è così. E poi: che fine hanno fatto le innumerevoli statue di divinità che dovevano pur esserci nella “piissima Roma“. Possibile che così poche statue di Dèi si siano ritrovate nella Roma moderna? Che fine hanno fatte le migliaia e migliaia di altre che pur dovevano esserci?
Ecco una risposta:
Inoltre, molte statue di Dèi vennero occultate sottoterra dai “pagani” sopravvissuti alle purghe cristiane, tanto che vennero ritrovate vere e proprie necropoli di statue in certi luoghi (Cipro, Benevento, Capua, eccetera).
Le pietre – come quelle utilizzate per la costruzione del Colosseo – servirono come pietre di costruzione dei nuovi templi e di ville patrizie.
Sì, ma i marmi? Il Colosseo venne letteralmente “smembrato” per costruire i nuovi templi. E i marmi? Vennero utilizzati per costruire chiese cristiane. Li ritrovate nelle chiese, nelle ville dei nuovi patrizi, o distrutte per farne calce. Quando visitate San Pietro, ricordate che gran parte degli splendidi marmi che la ornano erano parte di templi “pagani”.
Roma è stata devastata dall’odio degli italiani, non da quello dei barbari. Una devastazione che non è ancora terminata …
PS1: il bravo Bondì – regista del film – fa dire un errore all’amico di Namaziano, che sostiene che si sa che nelle statue degli Dèi non c’è un’anima. L’anima in quelle statue c’è e chi sente l’energia (come la sentivano gli auguri romani) se ne rende conto.
PS2: Se vi interessa De Reditu Suo (Il suo ritorno), poemetto di Rutilio Namaziano, esiste una traduzione opera niente popo’ di meno che di Carducci e la potrete trovare sul Web. Eccone un frammento:
“Del tuo mondo bellissima regina, o Roma, ascolta;
o Roma, nell’empireo ciel accolta madre,
non pur degli uomini ma de’celesti.
Noi siam presso al cielo per i templi tuoi.
Ora te, quindi cantisi sempre, finché si viva;
dimenticarti e vivere chi mai potrebbe, o diva?
prima del sole negli uomini vanisca ogni memoria,
che il ricordo, nel cuor, della tua gloria.
Già, come il sol risplendere per tutto, ognor, tu sei.
Dovunque il vasto Oceano ondeggia, ivi tu vai.
Febo che tutto domina si volge a te:
da sponde romane muove, e nel tuo mar s’asconde.
Co’ suoi deserti Libia non t’arrestò la corsa;
non ti respinse il gelido vallo che cinge l’Orsa;
quanto paese agli uomini vital, Natura diede,
tanta è la terra che pugnar ti vede.
Desti una patria ai popoli dispersi in cento luoghi:
furon ventura ai barbari le tue vittorie e i gioghi;
ché del tuo diritto ai sudditi mentre il consorzio appresti,
di tutto il mondo una città facesti.”
Le Porte di Fuoco e i 300 (libro)
Su suggerimento del buon SuperMario (quello vero, non gli altri due che di super magari hanno ben poco), ho finito or ora di leggere LE PORTE DI FUOCO, di Steven Pressfield, BUR edizioni, Euro 9,90. Devo dire che, sapendo che l’autore è nord-americano californiano ho esitato a comprere il libro. Tutti quelli che mi conoscono sanno bene che non amo moltissimo gli angloidi di qua e di là dell’Atlantico, ma poi, grazie alla stima che ho del SuperMario , ho ceduto e l’ho comprato. E, lo devo ammettere, mi è piaciuto moltissimo.
Di che tratta il romanzo? Presto detto: Leonida, i suoi 300 (che poi erano 3000, di cui solo gli Spartani erano davvero 300) e dell’epica battaglia delle Termopili, parola che in greco significa “le porte calde”. Su uno stretto passaggio tra il monte Callidromo fumante di sorgenti termali e una scogliera a picco sul mare, i greci aspettano l’immenso esercito di Serse, re dell’impero persiano, venuto a vendicare l’incredibile sconfitta di Maratona del 490 a.C., nella quale un altro immenso esercito persiano, guidato da Dario e venuto nell’Ellade per impadronirsene, venne sconfitto vergognosamente.
Una visita troppo breve a Rimini
Già due o tre volte avevo visto, ma di corsa, la città di Rimini e m’era subito piaciuta. Piaciuta la gente, piaciuta l’aria di piccola città di provincia non provinciale, piaciuta la civiltà che ci si respira. Ci sono ritornato in occasione del celebre terremoto romano dell’11 di maggio. Mia figlia era stata terrorizzata dai racconti sulla prossima distruzione della Città Eterna e allora, con mia moglie, s’è pensato di regalarci e di regalarle una breve vacanza a Mirabilandia, visto che, nonostante sia stata portata più volte a Parigi, la piccola non aveva mai visto Disneyland.
La base fu felicemente scelta a Rimini, anche se questa dista una quarantina di chilometri da Mirabilandia. Il tempo fu ottimo e la scossa di terremoto non arrivò a guastare la vacanza. A parte Mirabilandia, che è davvero divertente e ben tenuta, vorrei spendere due parole su Ariminum, cioè Rimini.
Il tempo per visitarla degnamente, come è evidente, non c’è stato per cui ci siamo concentrati su due soli obiettivi: il Museo, che è da non perdere soprattutto per la straordinaria collezione di mosaici, e la Domus del Chirurgo. Si tratta di una domus scoperta per caso pochi anni fa in occasione di scavi per la creazione di un parco pubblico. Perché si chiama Domus del Chirurgo? Proprio perché sicuramente appartenuta ad un chirurgo del quale si sa perfino il nome: Eutyches, che farebbe pensare ad una sua origine ellenica. Di Eutyches sono stati ritrovati i ferri da chirurgo in gran quantità che si possono ammirare nel bel Museo riminese.
La Domus è presentata alla grande: una bellissima costruzione che non solo dall’esterno non disturba l’occhio, ma che permette, all’interno, una visita “dall’alto” di prima qualità. Che differenza con la pacchiana e orribilmente bianca costruzione intorno all’Ara Pacis augustea a Roma!
Se andate da quelle parti non mancate di visitare la Domus e il Museo. Visto che ci state, provate a testare i mosaici: sono tutti “animati” e mi sono sembrati incorporare l’energia di Mercurius. Voi che ne dite? (L’energia di Mercurius è quasi identica a quella che nella TEV chiamiamo “LEGAMI”)
PS: Mentre stavamo mangiando al Molo 22, da Roma ci giunse il seguente MSN: “Vili. Avete lasciato soli i vostri amici tra le macerie”. Vero. Che vergogna!
In attesa del devastante terremoto romano dell’11 maggio
(Già pubblicato sul Blog Vele di Luce in data 3 maggio 2011)
Ma insomma: ci sarà o no ‘sto terremoto devastante che raderà al suolo la Città Eterna l’undici di maggio? Voci più o meno autorevoli dicono di no. Per esempio, l’ormai celebre Giuliani, l’uomo che avvisò per tempo del pericolo che correva l’Aquila e che fu snobbato dai sismologi meanstream ci dice: “Sembrerebbe di no”. La storia si direbbe la solita bufala creata ad arte nel web. I romani fanno mostra di beffarsi di simili menagrami. Inoltre, dal piccolo centro studi che conserva gli scritti di Bendandi, giurano che non esiste alcuno suo studio che dimostrerebbe questa catastrofe. Epperò, c’è anche chi dice che, proprio secondo la tecnica del Bendandi che si basava su osservazioni astronomiche, un allineamento planetario ci sarebbe e ci sarebbe proprio in quella data e produrrà una terribile catastrofe. Tutte sciocchezze, rispondono dall’Università della Sapienza.
A chi credere, dunque?
Io vi dico: “Boh, non lo so, perché non sono un geologo e meno che mai un sismologo, ma vi vorrei raccontare un’altra storia”. Una storia antica romana.
Gli ultimi (?) pagani stanno in Lettonia
NB: la divinità celebrata dai pagani lettoni è praticamente identica al Romano Ianus, Dio dei passaggi, degli inizi e dell’iniziazione, che, con e quello lettone, è stato sostituito dai due San Giovanni (uno per ogni testa di Ianus?). Notate che anche i riti pagani dei lettoni sono praticamente identici a riti che i contadini laziali, umbri e toscani celebrano ancor oggi.
Non solo, ma Ianus (Dio dei passaggi) corrisponde a Yana che in sanscrito vuol dire passaggio, sentiero, via: Mantrayana, Devayana, eccetera. Dalla Lettonia, a Roma, all’India … Ma siamo sicuri che il paganesimo sia morto?
Potremmo campare con il nostro patrimonio culturale (ma con altri governanti)
Il Tempio di Serapide: così si consevano i nostri tesori.
Libia: speriamo che non distruggano questa meraviglia …
Cose che non abbiamo neppure in Italia …
Cliccate su questa immagine per vedere il filmato:
Una buona notizia: “a bannera un si tocca”
In replica al commento di Francesco.
Quel che scrivi, caro Francis, mi rassicura non poco. La Triscele o Triskell per dirla alla franzosa è certamente simbolo quasi identico a quello dell’isola di Man e a quello della Bretagna francese, terre che, non a caso, guardano tutte verso l’Atlantico e verso l’origine dell’antichissima nostra patria, 13000 anni fa distrutta da un cataclisma forse generato dalla deglaciazione.
Circa l’esser la Triscele simbolo pagano, potrei convenire con il tale Oliveri. Pagano è parola che viene da pagus, ovvero villaggio, in Latino, e come tale parola usata con disprezzo dai cristiani (ma solo dopo che si erano impadroniti del potere), per definire i non-cristiani come dei cafoni. A Roma, li avrebbero forse chiamati “burini” ovvero quelli che portano il burro dalle campagne. D’altra parte, i “pagani”, avevano precedentemente definito la loro nuova religione, e l’ebraismo da cui derivava, exitialis superstitio (deleteria superstizione) e inaudita secta (setta inaudita) per connotarne l’impossibile convivenza con il Mondo Gentile (da gens, ovvero il mondo di coloro che hanno una storia, degli avi da cui traggono la loro energia e la loro stessa esistenza). Gentile è il termine esatto che andrebbe utilizzato al posto di quello carico di disprezzo “pagano”.
Ma pagano, in realtà, sta anche a significare anche qualcos’altro …
Amici, l’Italia è sull’orlo del baratro
Mi sono ripromesso che in questo Blog non si sarebbe parlato di politica e così è ancora e così sarà in futuro. Questo dunque NON è un Blog politico, ma vuole solo portare l’attenzione di voi Lettori su un problema gravissimo, che spero ardentemente sia solo una mia paranoia e tale si riveli nei prossimi mesi. Quindi, né Bungabunga, né dimissioni del premier, né possibili alternative. Niente politica, l’ho promesso. Voglio parlare piuttosto dei conti pubblici di questa nostra povera Italia. Mentre l’attenzione di tutti si sta concentrando sui problemi giuridici del premier, l’Italia in queste settimane rischia seriamente la bancarotta. E questo non è responsabilità di questo premier, né di altri precedenti, ma è responsabilità di TUTTI LORO e anche NOSTRA.
Il dato: siamo arrivati ad un debito pari al 116% del PIL. Fino ad ora s’è fatto finta – e questo si è fatto credere al popolo televisivo – che i PIGS (i Paesi con problemi gravi di bilancio) fossero nell’ordine Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna. Ma a Berlino e a Londra si giura da tempo che la sigla esatta dovrebbe essere PIIGS, dove la seconda I sta per Italia. La linea che si sta consolidando a Berlino è quella di imporre un debito massimo pari al 60% del PIL. A Berlino si crede che, se deve essere Berlino a pagare i conti malsani degli altri spendaccioni, allora è giusto che sia Berlino che deve dettare le regole del gioco. Un’opinione difficilmente criticabile. Per l’Italia questo traguardo del 60% si tradurrebbe in una lunga serie di Finanziarie da 50 miliardi di Euro. E per lunga serie, si intende per almeno una decina d’anni. Questo significherà un impoverimento incredibile di tutti i ceti non ricchi del nostro Paese, un ritorno agli ’60, forse addirittura agli anni ’50. Molti di voi non erano ancora nati in quegli anni. Io, sì. E so com’erano.
E se non rispetteremo le regole UE? Multe di milioni di Euro oppure il default (= fallimento, bancarotta). E a Londra e a Berlino non si discute più SE questo possa accadere, ma solo QUANDO accadrà.
Cosa possiamo fare noi? Ben poco, a parte quello che chi legge questo Blog sa o intuisce possa essere l’unica strada possibile per semplici cittadini senza potere come noi: inviare energia positiva alla Patria. Come? Se siete credenti, potete pregare il vostro Dio. Oppure potete fare come gli Antichi. Un tempo, gli Antichi erano convinti che ogni Paese avesse un suo Genio (niente a che vedere né con Einstein, né con il genio della lampada!). Il Genio era, per loro, una figura divina il cui compito era proteggere un Paese. Una specie di angelo custode nazionale. Ecco: potremmo pregare il Genio Italico di salvare l’Italia. Come fecero i Romani, quando Annibale bivaccava alle porte dell’Urbe e tutto sembrava ormai perduto. Dopo qualche anno, Scipione lo sconfiggeva a Cartagine.
Tanto pregare il nostro Genio non costa nulla.
Viva Caligola!
Ancora sull’Imperatore Romano più maltrattato della storia … Riporto qui un altro pregevole intervento, scritto come commento a Caligola: e se non fosse stato tanto cattivo come ce lo hanno sempre dipinto?, che altrimenti sarebbe andato disperso …
Il libro ha rappresentato per me un’eccellente occasione per capire meglio il periodo, cruciale per la storia romana, corrispondente alla vita di Gaio Caligola. Anche nel mio caso, da studente mi sono imbattuto su una banale descrizione della vita di Caligola, basata sul fatto che lui fosse pazzo. Leggendo il libro mi sono reso conto invece della situazione particolare delle fonti storiche di questo periodo, fonti su cui Filipponi ha fatto un lavoro notevolissimo, e alla fine l’autore mi ha convinto della genialità, sublimità, dell’azione politico-religiosa di Caligola nei suoi 4 anni di impero.
Pur essendo io un amante della storia e della stotiografia, NON sono uno studioso e non ho nemmeno una formazione classica, conosco il latino in modo sub-elementare.
Naturalmente quindi non ho seguito pienamente alcune parti del libro; in particolare quando, all’inizio del libro, l’autore approfondisce in modo più massiccio alcune caratteristiche di quegli storici e filosofi che hanno trattato di Caligola(p.e. il discorso sulle “Furie” di Seneca).
Ma nonostante questo, ho apprezzato il libro per intero, perchè il taglio che ha il libro è gradevole e piacevolmente lineare.
Per me, oltre al lavoro sulle fonti, il grande valore del saggio è riscontrabile in due aspetti; il primo è l’articolata descrizione dei principali personaggi storici che influirono nella breve vita di Caligola: Germanico, Agrippina, Tiberio, la nonna Antonia, Erode Agrippa. Bella descrizione anche dal lato psicologico. Il secondo aspetto è che dal libro emerge con chiarezza la differenza tra la politica di Tiberio (di carattere tradizionale e conservativo, rispettoso del senato e del ceto equestre) e la nuova politica di Caligola, basata sulla “neoteropoiia” e sulla “ektheosis”. Nella seconda parte del libro, la nuova politica e il tentativo di divinizzazione dell’imperatore (che poi è la prima causa del conflitto con ebrei aramaici e alessandrini) sono molto ben descritti.
Sento di consigliare il libro sia aglil “addetti ai lavori” sia a chi, come me, piace l’approfondimento storico.
Confermo, come il lettore precedente, che la veste grafica del libro è banale, vecchia, e non all’altezza dell’opera.
Caligola colpisce ancora!
Caligola colpisce ancora!
Nell’articolo Caligola: e se non fosse stato tanto cattivo come ce lo hanno sempre dipinto? recensivo il libro “Caligola il Sublime”: il genio politico di un uomo che tutti credevano pazzo (FONTE) dello storico e filologo Angelo Filipponi. Molti mi hanno scritto interessati dal libro e dalla sua tesi controcorrente. Commenta ora quell’articolo anche Andrea G. con queste parole:
Ho letto il saggio Caligola il Sublime e l’umile copertina del libro scelta dall’editore non è degna dei suoi contenuti.
E’ difficile reperire sul mercato editoriale saggi storici che riescono a dare una ricostruzione precisa e dettagliata di un imperatore romano così infangato dagli storici dell’epoca. Questo è stato possibile perché l’autore è prima di tutto traduttore e quindi conoscitore profondo delle fonti latine e greche, anche quelle provenienti da storici ebrei come Filone di Alessandria, il quale si è fatto carico di un’invettiva sottile anticaligoliana. L’imperatore infatti, aveva tolto (atimia) i diritti civili agli ebrei della diaspora (li conserva solo per tutti coloro che li avevano acquisiti negli ultimi quindici anni). L’opera Caligola il Sublime è un exemplum di come si dovrebbe scrivere un saggio storico e ritengo che esso rappresenti anche uno strumento didattico che gli atenei del settore dovrebbero proporre per ricerche sull’argomento.Non a caso la Stanford University ha acquistato una copia del Caligola il Sublime (basta fare una ricerca inserendo “Caligola” sul sito: http://www-sul.stanford.edu/ per verificarlo) nonostante non sia stato tradotto in lingua inglese. Le università italiane non hanno fatto altrettanto, ma come si sa, nessuno è mai stato profeta in patria.
Comunque, il saggio è accessibile anche ai non addetti ai lavori e la sua lettura non può lasciare indifferenti. Suggestivo il capitolo sulla pazzia di Caligola che viene smontata pezzo su pezzo svelando invece come questo imperatore sia stato sublime e addirittura iniziatore di una nuova politica che verrà ripresa come paradigma dagli imperatori che verranno dopo di lui.
E’ un libro che consiglio a tutti!!
Il sacrificio e il patto cosmico
Simon Grosjean lo conosciamo in molti e in molti ci sorprendiamo sempre che, nonostante la sua giovane età, abbia già una maturità, una profondità di pensiero ed una preparazione che, di questi tempi bui, è rara non solo nei più giovani, ma anche in quelli meno giovani. I Lettori di questo Blog lo conoscono come Giovannone, soprannome che, se da un lato rende come traduzione del suo cognome di valdostano, è fuor di luogo se si considera la sua corporatura alta e snella di scalatore delle alte cime. Già, perché Simon è alpinista, maestro di sci, oltre che ottimo TEV-varo e futuro grande medico!
Ho avuto oggi la graditissima sorpresa di leggere un suo pregevole e denso articolo, intitolato Il sacrificio e il patto cosmico, uscito presso il prestigioso sito del Centro Studi La Runa. L’articolo esplora con perizia l’unità religiosa delle civiltà nate dal ceppo Arya. La Lingua Madre che questi uomini parlavano era carica d’Energia, come le loro Divinità, i cui sacri nomi erano vere e proprie parole di potere. Chi sente l’Energia sa che queste non sono fole.
Simon mi cita molto (e lo ringrazio) e cita il lavoro che sto facendo sul Templum e sulo Spazio Sacro:
Yajna e Janus sono … due Enti che sovraintendono ad un medesimo processo essendo lo Yajna la manifestazione per azione di Janus. Lasciando la trattazione di questa tematica, benché di estrema importanza, ad un’altra sede mi preme qui sottolineare un aspetto sacrale di JANUS. Egli è il Dio del Tempus e del Templum secondo i cui schemi quadrati è divampato lo Yajna. La Scienza del Templum et Tempus (per comodità chiamerò questa Scienza semplicemente Templum) in tempi storici è stata chiamata Etrusca Disciplina nella penisola italica ed è anche alla base del Vastu indiano. Questa Scienza costituisce la base storica degli scacchi e i suoi segreti sono stati tramandati nella faccia nascosta del gioco medievale, il Filetto.
I Sette Sacri Pegni di Roma
Come commento al mio post I Sette Raggi (quarto ABC: il Quarto Raggio, il Palladion e il cavallo di Troia) ricevo queste parole: “Bellissimo post, grazie. Bello anche il sito. Vi segnalo un bell’articolo di NotitiAE sui Septem Pignora Urbis al link: http://notitiae.wordpress.com/2011/01/26/septem-pignora-urbis/ ”
Per prima cosa, ringrazio gli autori del Blog Notitiae per le belle cose che hanno voluto dirmi. Pur avendo sfogliato con una certa attenzione quel Blog, poco ho capito sugli autori e sui loro obiettivi. Sembrerebbero soprattutto interessati alla musica e all’arte in generale … Sarebbe cosa buona se scrivessero qualcosa in più su di loro e sui loro interessi …
Per seconda cosa, invito senz’altro chi mi legge a dare un’attenta occhiata all’articolo citato dedicato ai Sette Pegni Sacri nel quale, in poche parole, Jacopo Feliciani riesce a dire l’essenziale su questi oggetti sacri, che i Romani hanno custodito gelosamente per dodici secoli. L’articolo di Feliciani è impreziosito da precise citazioni degli autori classici che hanno lasciato testimonianza di questi “pegni”.
Per terza cosa, invito tutti coloro che sono affascinati dai temi del Mistero di Roma e della nostra Tradizione greco-romana a leggere anche un altro articolo nello stesso Blog: “Romeyka”: La lingua degli Argonauti. Vi si parla di un’inaspettata scoperta che riguarda appunto la lingua parlata da Giasone. Inutile sottolineare i risvolti ermetici e alchemici che sottostanno a quel mito …
Atlantide: il sangue, il DNA e ancora Cayce (3)
Segue a Atlantide: arrivano le prove genetiche (1) e Atlantide: dalle rivelazioni di Cayce all’antropologia (2)
Altro su Atlantide in questo Blog:
Alla ricerca di Atlantide (1) Alla ricerca di Atlantide (2) Alla ricerca di Atlantide (3)
Alla ricerca di Atlantide (4) Alla ricerca di Atlantide (5) Alla ricerca di Atlantide (6)
I baschi hanno lasciato a lungo perplessi gli antropologi, i linguisti e gli storici, perché, sebbene siano considerati caucasici, non sono in sintonia con il resto delle popolazioni europee. La loro lingua non è collegata a qualsiasi altra lingua al mondo. Personalmente, in Francia, ho avuto modo di ascoltare delle frasi in lingua basca e posso confermare che si tratta di una Lingua Madre come il Latino, il Greco ed il Sanscrito, perché è carica d’energia. Mi ha ricordato (parlo d’energia!) il Latino pronunciato secondo la pronuntiatio restituta, cioè la pronuncia di Cesare e di Cicerone. I baschi sono unici per purezza di sangue: tra loro si riscontrano i livelli più elevati nel mondo di sangue Rh 0-negativo e i più bassi di tipo B.
Atlantide: dalle rivelazioni di Cayce all’antropologia (2)
Segue a Atlantide: arrivano le prove genetiche (1) Ricordo che, sul tema di Atlantide, in questo Blog sono usciti:
Edgar Cayce è uno di quei personaggi la cui statura è difficilmente banalizzabile dalle solite letture “terziste” alle quali ci hanno abituato le trasmissioni televisive dedicate all’ignoto, use a mescolare l’opinione dell’esperto di turno a quelle del cospirazionista “senza se e senza ma” o a quelle dell’ufologo un po’ strambo e svitato. In tal modo, i fatti, che andrebbero esaminati con molta accuratezza, finiscono nel calderone delle troppe sciocchezze che circolano soprattutto nel Web. Cayce, chi era costui? Cayce nacque nel 1877 nel rurale Kentucky. Nonostante egli potesse contare su un’educazione formale molto scarsa (le biografie lo descrivono come poco più che analfabeta, il che mi sembra comunque eccessivo e poco credibile) egli sembrava in grado di “contattare” interi staff di medici e biologi che, da una dimensione altra, gli rispondevano ai quesiti che decine di migliaia di persone (si parla di 14.000 “readings”) gli posero durante tutta la sua vita. E’ interessante notare che 1) Cayce rispondeva sempre dopo un sonno durante il quale riceveva le informazioni (lo chiamano “il profeta dormiente”); 2) gran parte dei “readings” ebbero natura medica compresa sia la diagnosi sia la cura; 3) che la cura spaziava da farmaci antichissimi e ormai dimenticati a farmaci ancora in sperimentazione nel segreto dei laboratori. Oltre questa attività “terapeutica”, Cayce lasciò decine di migliaia di pagine in cui c’erano “letture” soprattutto contenenti profezie riguardanti sia il futuro, sia … il passato. In particolare, riguardanti Atlantide.
De Reditu “Il ritorno”
Per chi non avesse visto il film storico del regista Claudio Bondì De Reditu (Il Ritorno) del 2003 …
Ora è disponibile su YouTube . La trama è tratta dall’omonimo poema latino De Reditu Suo (pervenuto incompleto) di Claudio Rutilio Namaziano, del V secolo.
Il film è suddiviso in 10 parti e la prima parte la trovate a: http://www.youtube.com/watch?v=wmVJsPVrLRQ
Atlantide: arrivano le prove genetiche (1)
La teoria dello Stretto di Bering
Su Atlantide:
Negli ultimi anni la ricerca genetica ha prodotto risultati inaspettati, che hanno aperto le porte a molti misteri storici inaspettati. I risultati a sorpresa hanno anche provocato polemiche non volute. L’analisi genetica è iniziata per tentare di vedere ciò che i geni umani possono rivelare della nostra storia complessa, misteriosa e spesso controversa. Ad esempio, gli antropologi e gli storici hanno a lungo pensato che l’America sia stata popolata da popolazioni asiatiche, che hanno attraversato un ponte di terra che collegava l’Asia e il Nord America durante l’ultima era glaciale, circa 12.000 anni fa. Una teoria nota come Bering Strait Crossing theory (la teoria dello Stretto di Bering).
Le analisi genetiche su campioni di DNA dei nativi americani iniziarono nel 1980. Tuttavia, gli sforzi in questa ricerca ebbero una forte accelerazione nel 1990, a causa del rapido progresso tecnologico in campo genetico. In effetti, i primi risultati confermano la teoria generalmente accettata, che mostra un chiaro legame tra i nativi americani e i campioni di DNA raccolti da popolazioni autoctone nella Siberia-Asia. Tuttavia, studi ulteriori hanno rivelato che il modello migratorio era stato più complesso di quello che l’antropologo aveva immaginato all’inizio.
Ritrovata la patria degli ariani?
Gli archeologi russi hanno portato alla luce una ventina di antichi insediamenti fino ad oggi praticamente sconosciuti, che a loro avviso sono stati costruiti dalla razza ariana originale (gli Arya) circa 4.000 anni fa. Secondo il team che ha scoperto gli insediamenti a forma di spirale in remote steppe della Russia in Siberia meridionale al confine con il Kazakistan, gli edifici risalgono agli inizi della civiltà occidentale in Europa.Gli insediamenti, dicono gli esperti, potrebbero esser stai costruiti più di 4.000 anni fa dalla razza ariana il cui originale svastica simbolo è stato poi adottato dai nazisti nel 1930.
La storica Bettany Hughes, che ha esplorato la parte desolata della steppa per la programma della BBC ‘I tracking ariani‘, ha detto, “Potenzialmente, questo potrebbe rivaleggiare con la Grecia antica nell’età degli eroi.”
Sconosciuti fino ad ora
I resti di questa antica civiltà sono stati esplorati per la prima volta circa 20 anni fa, poco dopo che i funzionari dell’allora governo sovietico aveva sospeso le leggi che vietano la fotografia aerea non militare. Ma, poiché la regione è così remota, le incredibili città sono rimaste sconosciute fino ad oggi, hanno detto gli archeologi. Le città hanno circa le stesse dimensioni delle città-stato (polis) dell’antica Grecia e avrebbero ospitato tra le 1.000 e le 2.000 persone.
Il linguaggio ariano è stato identificato come il precursore di un certo numero di lingue europee moderne.
Swastika ovunque
Gli elementi che sono stati scavati fino ad ora nei siti includono attrezzature, un carro, e numerosi pezzi di ceramica.
I manufatti sono pieni di svastiche, un simbolo molto utilizzato nei tempi antichi. La genesi del simbolo della svastica è spesso combinata ad altri simboli a croce in generale, come la “ruota solare” della religione dell’età del bronzo. La svastica e la razza ariana furono in seguito adottati da Hitler e dai nazisti come simboli della razza da loro definita maestra.
Recensione. Ultimo numero di Storica: Giuliano Imperatore (l’Apostata?)
GIULIANO L’APOSTATA, L’ULTIMO PAGANO (ultimo numero di Storica National Geografic, nelle edicole a Euro 3,90)
Se avesse avuto più tempo, forse l’imperatore Giuliano, conosciuto come l’Apostata, (331-363 d.C.) avrebbe potuto davvero frenare la diffusione del cristianesimo e magari imporre un diverso corso alla storia. Ma la Chiesa con lui fu spietata, era fin troppo chiaro che quel giovane imperatore sferzava il suo attacco in difesa degli dei pagani e dell’ellenismo con intelligenza e abilità: era davvero pericoloso, un pensatore e filosofo dotato di lungimirante capacità d’azione. Nell’articolo a lui dedicato, Storicaracconta la sua vita. Qui per descriverlo utilizziamo le parole di Voltaire (dal Dizionario filosofico) “Due o tre autori mercenari o fanatici, parlano del barbaro ed effeminato Costantino come di un Dio, e trattano come uno scellerato il giusto, il saggio, il grande Giuliano (…). Giuliano è sobrio, casto, disinteressato, valoroso, clemente; ma non era cristiano ed è stato considerato per molto tempo un mostro”.
Filosofo e imperatore, militare suo malgrado, ma grande condottiero in guerra, fu il maggior difensore nel IV secolo del tramontante mondo classico. Della parte orientale dell’impero conobbe tre città chiave: Macellum,nell’altopiano anatolico, Costantinopoli, da dove governò la compagine imperiale seppur per soli due anni, e Nicomedia, capitale della Bitinia, la città scelta da Diocleziano come una delle quattro capitali dell’impero. L’odierna Izmit, nella provincia di Kocaeli, a poco più di un’ora di autobus da Istanbul, sulla costa orientale del mar di Marmara, corrisponde all’antica Nicomedia. Nel Kocaeli Izmit Museum(indirizzo: Tepecik Mah. Saray Yokuşu Saat Kulesi Yani, Kocaeli), recentemente ristrutturato, sono esposti i documenti della storia della città, compresa la fase romana. Altri resti nelle vicinanze testimoniano del suo antico splendore. Vestigia del culto mitraico si trovano in tutte le regioni dove vi furono guarnigioni romane, persino in Inghilterra e in Irlanda. Con Giuliano l’Apostata il culto di Mitra si propagò a Roma . Ne è documento di esclusivo valore il Mitreo situato sotto la basilica di San Clemente, a Roma in via Labicana 95, sulla direttrice che unisce il Colosseo al Laterano (www.basilicasanclemente.com; visita giorni feriali ore 9.00-12.30; 15.00-18.00). Tramite una scala in fondo alla navata si scende alle costruzioni romane di età imperiale e di qui si passa al Mitreo del III secolo d.C. La maestosa volta ribassata scende sulla sala divisa da banconi in muratura lungo le pareti laterali. Al centro troneggia un’ara di marmo con rilievi del III-IV secolo che raffigurano il dio che immola un toro, due dadofori, ossia portatori di fiaccole, e un serpente, simboli di Mitra. Se si vuole percepire il conflitto religioso tra il cristianesimo affermato come religione ufficiale e i culti romani antichi di cui Giuliano fu difensore, si può visitare il Mausoleo diSanta Costanza a Roma, dove è sepolta Elena,moglie di Giuliano. Qui il cristianesimo del IV secolo celebra i suoi trionfi. Il Mausoleo si trova nel complesso monumentale di Sant’Agnese fuori le mura (via Nomentana 349; www.santagnese.org; visita ore 9.00-12.00; 16.00-18.00, chiuso domenica e festivi).
fonte: http://www.storicang.it/?post=411
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