Invocazione ed evocazione.
Segue a : https://zaro41.wordpress.com/2014/05/21/nonluogo-no-grazie-spazio-antropologico/
https://zaro41.wordpress.com/2014/05/05/genius-loci-e-la-sacralita-di-un-bosco/
https://zaro41.wordpress.com/2014/04/22/divinita-nelle-statue-monumenti-archi-obelischi-eccetera/
Oltre i Lares, i Romani veneravano anche i Penates o Penati.
Da Wikipedia:
I Penati sono esseri spirituali della Religione romana, assimilabili agli angeli custodi del Cristianesimo.Sono gli Spiriti Protettori di una famiglia e della sua casa (Penati familiari o minori), ed anche dello Stato (Penati pubblici o maggiori). Il nome deriva dal Penus, “tutto ciò di cui gli uomini si nutrono”, o dal fatto che essi risiedono nel penitus, la parte più interna della casa, dove si teneva il cibo. Ogni famiglia aveva i propri Penati, i quali venivano trasmessi in eredità alla stregua dei beni patrimoniali. Il sacrificio ai Penati poteva avere cadenza quotidiana o occasionale.
I consoli, nell’assumere o nel rimettere la propria carica, erano obbligati a celebrare un sacrificio a Lavinio in onore dei Penati pubblici. Il culto dei Penati pubblici era connesso a quello di Vesta. I magistrati della città prestavano giuramento in viso ai Penati pubblici. Per i Penati della famiglia di Enea si conosce anche un culto pubblico, furono identificati come Penati di Roma, per il fatto che Roma veniva fatta ricondurre alla stirpe eneade. Per queste divinità esisteva un tempio sul Palatino, dove venivano rappresentati come due giovani seduti.
Questa statua è stata ben animata:
CONCLUSIONE. Cosa possiamo dire a proposito di quanto visto finora? Premesso che andrebbero fatte indagini ben più corpose, prendendo un gran numero di reperti (cosa non facilissima) sulla base del ridottissimo campione possiamo azzardare una prima affrettata conclusione. I reperti mostrano una interessante concentrazione energetica, che, presumibilmente, è l’effetto della memoria sui materiali usati di preghiere, riti, invocazioni, eccetera. Nulla di più, insomma, di forme-pensiero che si sono andate accumulando nel tempo.
E’ tempo di passare alla divinizzazione vera e propria, dove si scoprono i fenomeni più notevoli, se non addirittura in molti casi, strabilianti.
La scoperta della divinizzazione di statue e monumenti
Una nota preventiva. Da qui e nel seguito userò spesso il virgolettato ad indicare la mancanza nell’attuale Dizionario della Lingua Italiana di termini che indichino con precisione certe realtà alle quali da secoli non abbiamo più dato cittadinanza. Me ne scuso, essendo ben consapevole del fastidio che una tale uso smodato possa dare nel Lettore, ma confido nella sua comprensione.
Vorrei interrompere momentaneamente la breve descrizione iniziata per spendere due parole sul come e il perché sono arrivato (senza peraltro saperne nulla) alla ri-scoperta personale di quest’arte degli Antichi ed in particolare dei Romani. Questo è un argomento interessante poiché all’inizio non ne sapevo quasi nulla e la scoperta di “Entità” energetiche all’interno di certe statue romane mi sembrò subito qualcosa che andava al di fuori di ogni mia precedente esperienza. Energia di forme-pensiero inserite dai loro creatori o dai fedeli? Esaminai questa ipotesi, che mi sembrò subito da scartare. Il tipo di Energia che abitava quelle statue, quei monumenti aveva una qualità, certe caratteristiche che mi erano sembrate subito più vicine all’energia di un essere vivente, che non a quella di una forma-pensiero.
1) Mi resi conto subito di un fenomeno assai particolare. L’energia di una forma-pensiero tende a smorzarsi e, se le invii altra energia, semplicemente la assorbe, per così dire, in modo passivo. Queste Entità energetiche avevano invece un comportamento assolutamente differente: non si limitavano ad assorbire, ma, come se fosse stato destinato Loro un omaggio o addirittura (mi si perdoni il termine) un sacrificio (da sacer = sacro e facere = fare e dunque render sacro e, come dice il Dizionario Etimologico, offrire doni alle Divinità privandosene sé medesimi), Esse rispondevano ampliandosi a volte in modo imprevedibile.
2) Inoltre, nel caso di una forma-pensiero, ma potrei dire anche di un cristallo, di acqua o di olio, l’oggetto cui si inviano tipi diversi di energia non sceglie alcuni tipi e ne scarta altri. Nel caso di codeste Entità Energetiche le cose andavano ben diversamente. Per chi ne capisce di energie sottili: c’erano alcune “statue” (dovrei dire più correttamente “Entità Energetiche che albergavano in alcune statue) che sembravano gradire certe energie e rifiutarne decisamente altre; mentre altre “statue” facevano il contrario.
3) Infine, dopo tali “sacrifici” (nel vero significato originale del termine) le Entità Energetiche sembravano diventare qualcosa di completamente differente da ciò che erano in origine.
Queste considerazioni mi portarono presto a pensare che “dentro” certe statue e certi monumenti i Romani dovevano, utilizzando una tecnologia sottile a me totalmente sconosciuta, aver “inserito” Entità Energetiche che erano, per così dire, vive e dotate di consapevolezza. Una scoperta per me assolutamente sconvolgente! Un conto è parlare di esseri invisibili della Natura, un conto è scoprire che un popolo tanto antico, anche se le sue tracce sono a me così vicine spazialmente, fosse talmente tanto avanti nella Scienza Sottile da essere in grado di far “abitare” statue e monumenti da Entità Energetiche in qualche modo ancor oggi viventi e consapevoli.
Ma come potevano i Romani fare questo? E poi: poiché le fonti storiche fanno risalire la Telestica ai Greci, forse i Greci avevano insegnato quest’Arte ai Romani e di essi erano ancor più grandi?… E ancora: ritroviamo quest’Arte solo nei Greci e nei Romani o anche in altre Scienze Sacre di altri popoli? Cosa è rimasto di questa Scienza in tempi più recenti?
Prima di tentar di rispondere a queste e alle tante altre domande che si affollano nella mente, ritorniamo al Kremmerz e vediamo cosa dice della Teurgia:
Magia, psicurgia, teurgia, queste sono le tre grandi divisioni della scienza occulta, le quali corrispondono ai tre mondi: naturale, umano, divino; non possiamo non istudiare in alcune brevi pagine i mezzi occulti concessi agli uomini per mettersi in rapporto fra loro e cogli esseri dei mondi naturale e divino. Questi mezzi sono di due specie principali; vi è: l’EVOCAZIONE e l’INVOCAZIONE;
evocare vale far salire fino a sé un essere inferiore;
invocare vale montare fino ad un essere superiore; il mago evoca gli elementari;
il teurgo invoca gli dei; l’occultista che professa la psicurgia evoca ed invoca al tempo stesso gli uomini—vivi o morti— coi quali vuol mettersi in rapporto, li chiama a sé e fornisce la metà del cammino; almeno tale è il caso più frequente, poiché certi uomini devono essere assimilati agli elementari ed altri agli dei; ciò contiene un grande mistero.
Dall’esposizione del Kremmerz emergono due parole-chiave: INVOCAZIONE ed EVOCAZIONE.
by RZ
…SEGUE
Genius loci e la sacralità di un bosco.
Un’esperienza che tutti possono fare, se hanno sensibilità energetica, è la seguente. In un bosco possibilmente poco frequentato dalle masse e dai turisti, cercate uno spiazzo senza alberi. Ce ne sono un po’ ovunque nei boschi e alcuni d’essi hanno carattere sacro. Bene, entrate nello spiazzo senza tanti complimenti. Testate in giro e non sentirete nulla di notevole. Testate anche la vostra energia complessiva e memorizzatela. Poi, uscite dallo spiazzo. Aspettate qualche minuto e rientratevi, ma, stavolta, con rispetto e circospezione, rivolgendo al bosco una semplice richiesta (mentale o ad alta voce) del tipo: “Posso avere il vostro permesso di entrare?”. Aspettate qualche secondo e testate tutt’intorno a voi e sarete sorpresi di vedere quanti “personaggi” sottili cominciano a farsi vivi. Può darsi che vi sentirete sfiorare, toccare delicatamente. Testate anche la vostra energa e sarete sorpresi nel constatare che è molto più forte di prima. Ecco un esempio “alla moderna” di rapporto corretto ed educato (stavo per dire gentile!) con i genii del luogo!
Perché dovremmo dunque sorprenderci se gli Antichi e i Nostri Padri Romani pensassero che ogni luogo, ogni persona avessero il loro Genius a suo presidio e difesa? A proposito di luoghi, dice infatti Servio che “nessun luogo è senza un genio” (nullus locus sine Genio). Il Genio preesiste al luogo oppure ne diventa il custode con il passare del tempo. Questo processo è l’equivalente di una sorta di acquisizione di un’anima da parte del luogo, se si vuole, un’animazione naturale. Secondo i Romani, vi sono vari tipi di Genius Loci a seconda della natura del luogo.
Le Ninfe (dal greco nymfe “fanciulla futura sposa”) erano considerate figlie di Giove o di Urano e vivevano nelle fontane, nei ruscelli e nel mare. Non erano immortali, ma in genere avevano una lunga vita. Ne esistevano di tantissimi tipi diversi, ninfe dei prati, dei boschi (le Driadi), c’erano le ninfe delle sorgenti e dei laghi, che apportavano fecondità; le ninfe dei campi, dei burroni, dei lagh, degli stagni, delle fonti. Le Nereidi dimoravano nel mare; le Oreadi o Orestiadi nelle montagne e nelle grotte. Le Driadi e le Amadriadi erano spiriti degli alberi, dei boschi e delle foreste; secondo antichissimi miti, ogni Amadriade nasceva con un albero da custodire e viveva nell’albero stesso o nelle vicinanze. Poiché, quando il suo albero crollava, anche la driade moriva, gli dei punivano chi ne aveva causato la distruzione.
Chiunque abbia seguito un corso di Domoterapia con me ben conosce le Amadriadi, che solitamente chiamiamo con il termine più moderno di elementale dell’albero. Ho sentito storie di alberi abbattuti in gran numero nei pressi di quartieri di città, nelle quali, dopo qualche tempo dalla loro scomparsa, le persone lamentavano malattie e sintomi vari. C’è da stare allegri pensando alle deforestazioni sempre più frequenti in questo mondo moderno e ai ripetuti incendi estivi nel nostro Paese!