Il blog di Roberto Zamperini

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La misteriosa Energia Oro: “Conosci Te Stesso”! (4)

Questa è la QUARTA PARTE dell’articolo. Per leggere tutto dall’inizio, cliccate su la PRIMA PARTE, la SECONDA PARTE, la TERZA PARTE.

Una premessa che forse avrei dovuto fare già all’inizio: questi scritti non hanno alcuna intenzione di inoltrarsi e poi perdersi nell’infido labirinto dell’Alchimia. Non ne avrei alcuna competenza, non ne ho alcuna voglia ed è infine un argomento che mi interessa solo di riflesso. Il mio obiettivo è quello di scrivere qualche nota che sia, per così dire, complementare all’argomento principale, che è, appunto, quello di indagare sulla natura della misteriosa Energia Oro. Cercheremo qua e là, in campi apparentemente distanti dal nostro, informazioni utili per completare, magari solo in parte, il tema principale. Guardare la stessa cosa da più punti di vista diversa può aprire strade impensate e dare nuova profondità alle nostre conoscenze. E’ per questo che trovo di grande interesse il punto di vista dell’Ermetismo e dell’Alchimia.

Ho già fatto capire che, guida principale, anche se non unica, in questo difficile viaggio, sarà per me il libro di Julius Evola La Tradizione Ermetica (ed. Mediterranee). Ho scelto questo libro, perché trovo la scrittura di Evola appassionante e ricca di idee-forza. Il libro, lo dico per chi fosse tentato di acquistarlo come lettura serotina al posto di altrettanto ottime letture anche se più leggere, come il giallo di Andrea Camilleri o il triller di turno, non è affatto di facile ed amena lettura. Al contrario, il libro obbliga il lettore, almeno quello come me che è quasi completamente digiuno della materia, a continue riflessioni, a ritorni a pagine precedenti, a riletture della stessa pagina più e più volte, a sottolineature, a chiose, ad appunti … Insomma: è un libro da studiare e da studiare con impegno. Duecento pagine in cui spesso ci si duole che la scrittura di Evola sia stata sempre così densa, così sintetica, mai ripetitiva, mai ridondante. Ma questo è anche il fascino di quello studioso, che molti definiscono loro Maestro. Se però quello che cercate è un concentrato di sapere, di conoscenza, di intelligenza e di anni di riflessioni, allora andate alla più vicina libreria e acquistate il libro. Sarà una lettura faticosa, ma che lascerà il segno. Almeno lo spero, perché così è stato per me.

Ne La Tradizione Ermetica Evola cita spesso Agrippa. Chi era costui? Cosa ha scritto? Per una sintetica biografia del personaggio, chiedo un piccolo aiuto a Wikipedia …

Heinrich Cornelius Agrippa di Nettesheim nacque il 15 settembre 1486 a Colonia nella famiglia Cornelis. Il soprannome di Agrippa, derivato dall’antico nome latino della sua città, Colonia Agrippina, fu assunto dal padre e trasmesso ai figli. Col tempo, Heinrich latinizzò il proprio cognome in Cornelius e, vantando dubbie origini nobiliari, si fece chiamare Agrippa von Nettesheym, dal nome di un villaggio presso Neuss, non lontano da Colonia.

Agrippa è stato un alchimista, astrologo, esoterista e filosofo tedesco. Divenne medico personale di Luisa di Savoia nonché storiografo di Carlo V; ritenuto principe dei maghi neri e degli stregoni, riuscì tuttavia a sfuggire all’Inquisizione. Il suo pensiero risiede essenzialmente nella sua opera più importante, la De occulta philosophia, scritta nell’arco di circa venti anni, dal 1510 al 1530: la filosofia occulta è la magia, considerata «la vera scienza, la filosofia più elevata e perfetta, in una parola la perfezione e il compimento di tutte le scienze naturali».

Tratto da: http://it.wikipedia.org/wiki/Agrippa_von_Nettesheim

Adesso che ne sappiamo almeno un po’, ritorniamo alla Tradizione Ermetica. Evola sottolinea il fatto che Agrippa, nel suo LA FILOSOFIA OCCULTA, citando un certo Geber (Jabir Ibn Hayaan detto appunto Geber, fu l’autore del più importante manuale di Alchimia del Medioevo la Summa perfectionis magisterii) scrive:

colui che avrà la conoscenza di se stesso, conoscerà tutte le cose in se stesso. Dio anzitutto, a immagine del quale è stato fatto; poi il mondo, di cui porta in sé l’immagine e infine tutte le creature che simbolizza nella sua persona. Così da ritrarre tutte le virtù delle pietre, delle piante, degli animali, degli elementi, dei cieli, dei demoni e degli angeli; da fonderle l’un l’altra nel dovuto luogo, tempo, ordine, misura, proporzione e accordo e da attirarle o respingerle nello stesso modo con cui la calamita agisce sul ferro.

E Geber, nella sua Somma di Perfezione, insegna che nessuno può arrivare ad eccellere nell’arte alchemica, senza conoscerne i principi in sé stesso e più si avrà la conoscenza di sé stesso, più si acquisterà potere attrattivo e si compiranno cose grandi e meravigliose, giungendosi infine a tanta perfezione da divenire figlio di Dio e da trasformarsi in quell’immagine stessa, che è Dio, e da unirsi con lui, prerogativa non concessa ne agli angeli, né al mondo, né ad alcun altra creatura, tranne che all’uomo solo il quale può divenire figliuolo di Dio, riunendosi a Dio.

Unito l’uomo a Dio, tutte le cose poi che sono nell’uomo si uniscono; la mente per prima cosa, poi lo spirito e le forze animali e la forza vegetativa e gli elementi, sino alla materia, traendo con se anche il corpo, la cui forma rimane, conducendolo a miglior soste e natura celeste, fino ad essere glorificato con l’immortalità. E questo, come abbiamo già detto, è un dono peculiare dell’uomo, per cui gli è propria questa dignità della divina immagine e non comune con alcuna altra creatura.” (Capitolo XXXVI).

In sintesi:

1) la conoscenza di se stessi conduce alla conoscenza dell’Universo, poiché nell’uomo c’è l’immagine dell’Universo;

2) l’Arte Alchemica consiste nella conoscenza di se stesso;

3) l’Arte Alchemica consiste nella “fusione” e nell’equilibrio tra vari elementi diversi (piante, minerali, elementi e esseri divini):

4) la conoscenza di se stessi e l’Opera dell’Arte Alchemica comportano l’acquisizione di un potere attrattivo e

5) la capacità di compiere cose grandi e meravigliose.

6) Alla fine di questo processo di conoscenza, si diventa “figli di Dio” e ci si trasforma nell’immagine stessa di Dio.

7) Il risultato di tutto questo è il raggiungimento dell’immortalità.

Prego di considerare attentamente il brano di Agrippa, che contiene non pochi spunti di riflessione, in primo luogo il cenno alla natura stessa occulta dell’Arte Alchemica e il suo obiettivo finale, che, lo sottolineo ancora, è l’immortalità. La domanda è: che c’entra tutto questo e soprattutto che c’entra l’immortalità con l’Energia Oro? E poi: cosa s’intende per immortalità? Forse l’immortalità del corpo fisico? O magari un altro tipo di immortalità? Di grande interesse è quel potere attrattivo di cui fa cenno Agrippa. Attrattivo di cosa? Che intende Agrippa per trasformarsi nell’immagine stessa di Dio? Per ultimo: cosa sono le cose grandi e meravigliose a cui si fa cenno?

Per ora non abbiamo ancora elementi sufficienti per dare una risposta sensata a tante domande. Ricordiamoci di quanto sopra e andiamo avanti.

Il libro di Agrippa non è facilissimo da leggere, ma chi fosse già passato attraverso la sapiente guida di Evola, lo troverà meno ostico. Più oltre, nello stesso LA FILOSOFIA OCCULTA, Agrippa scrive le seguenti considerazioni:

Intratteniamoci ora della parola o verbo. Mercurio la crede egualmente importante per l’immortalità, poiché senza di essa nulla è stato fatto e nulla è fattibile. Di più è l’espressione dell’esprimente e dell’espresso. Essa è il dire di colui che dice e ciò che dice, è in concezione di colui che concepisce e ciò che concepisce, è la scrittura dello scrivente e ciò che esso scrive, è la formazione del creatore e ciò che egli forma, è l’espressione di colui che fa e ciò che fa, è la scienza del dotto e ciò ch’egli sa.

Tutto ciò che si può dire non è che verbo e si chiama eguaglianza, perché ha relazione eguale con tutte le cose non essendo l’una piuttosto che l’altra, dando in modo eguale a tutte le cose il dritto di essere ciò che sono, rendendosi sensibile e rendendo sensibile con esso tutte le cose, così come la luce rende visibile se stessa e tutte le cose rischiarate.

Perciò Mercurio chiama, il verbo figliuolo luminoso della mente. La concezione per cui la mente concepisce se stessa è il verbo intrinseco generato dalla mente, vale a dire la conoscenza di se stesso e il verbo estrinseco e vocale è in generazione e la manifestazione di questo verbo e lo spirito che procede dalla bocca con suono e voce che significa alcuna cosa. E’ ben vero che ogni nostra voce verbo o discorso, salvo che non derivi dalla voce divina, si confonde con l’aria e svanisce; ma il soffio e il verbo di Dio persistono col senso e con la vitalità che li accompagnano. Per conseguenza tutti i nostri discorsi, tutte le nostre parole, tutti i soffi della nostra bocca e tutte le nostre voci non hanno virtù alcuna in magia, se non in quanto sono vivificate dalla voce divina.

Aristotile stesso, nel libro delle Meteore e nella fine dell’Etica, confessa non esservi virtù morale o naturale che non provenga da Dio e nei suoi insegnamenti segreti dice che il nostro intelletto, se retto e sano, può molto sulla natura purché sorretto dalla forza divina. Sol con le nostre parole ci è dato compiere miracoli, se esse vengono modellate dal verbo divino, in cui si compie anche la nostra generazione, come Isaia dice: Signore, noi abbiamo concepito al Vostro cospetto, così come le donne concepiscono bene presso i loro mariti e abbiamo partorito lo spirito.

Ancora altri spunti di enorme interesse: la parola, il verbo e, aggiungo io, il nome.

E infine Mercurio … Che ci sta a fare Mercurio?

(SEGUE)

8 settembre 2010 - Posted by | Conosci Te Stesso, Ermetica ed Alchimia, Libri, Personaggi | , , , , , ,

4 commenti »

  1. “… il nostro intelletto, se retto e sano, può molto sulla natura purché sorretto dalla forza divina …”

    anche solo questa manciata di parole è un vero concentrato, chiaro, corretto, conciso e coerente con i risvolti energetici puntualmente riscontrabili nella TEV!

    Commento di SkyLuke | 8 settembre 2010 | Rispondi

  2. Sarebbe molto interessante integrare queste riflessioni con il contributo più “eterodosso” di Jung all’interpretazione dell’Alchimia, la quale ha rappresentato per lo psicoanalista svizzero l’ultima e definitiva riprova dell’esistenza di ciò che egli chiamava Inconscio collettivo e della sostanziale ed universale similarità dei processi psichici come tendenza trascendente verso la meta del Sé.
    Questa consapevolezza venne raggiunta confrontando le metafore e le immagini alchemiche con quelle provenienti dalle più disparate ed eterogenee sfere culturali, con quelle emergenti durante la terapia con pazienti occidentali completamente ignari di tali questioni, e soprattutto con i prodotti psicotici.
    Secondo Jung gli alchimisti mettevano in atto un vero e proprio processo psichico proiettato nella materia attraverso il quale essi prendevano coscienza degli opposti e li integravano successivamente in una coniunctio (da qui il motto “solve et coagula”). La meta era definita, come il resto delle fasi, attraverso le più ardite metafore –come Lapis, philius philosophorum, Immortalità, aurum philosophicum , ecc… Dal punto di vista psicologico a posteriori, essa si configura come una finestra aperta sul Sé; per gli alchimisti lo scopo era una redemptio macrocosmi , un portare a compimento l’opera di Dio integrando materia e spirito.
    Questo processo di com-prensione degli opposti è quello che in realtà si svolge nella stessa terapia analitica, o per meglio dire, ANCHE nella terapia, poiché esso è un processo naturale a cui potenzialmente possono accedere tutti; ma, essendo l’analisi il moderno rito iniziatico, come sottolinea Hillman, può senz’altro porre l’ “adepto” nella “giusta” forma mentis al fine di facilitare la presa di coscienza, che, in un mondo come il nostro, sarebbe un sacrificium senza altare né sacerdote, lasciato a se stesso.
    I parallelismi tra la psicologia analitica e l’alchimia sono più che conosciuti. Ciò che mi preme infatti porre in luce è un altro punto: l’importantissimo ruolo di Mercurio.Come tu sai, egli è presentato dagli alchimisti come fundus necessario e onnipresente dell’intero processo: è l’aqua potabilis, la prima materia, ecc… Jung dà moltissima importanza a questo elemento, poiché Ermes è conditio sine qua non, il corpo sottile che vivifica e pone le parti in reciproca interdipendenza. L’ermafrodito iniziale e finale. È così importante che sembra più che lecita la sostituzione di “Extra Ecclesiam nulla salus” con “Extra Mercurium nulla salus”.

    Su questa base, su questo corpo sottile che tutto permea, si fonda una profonda intuizione di Jung, intuizione che purtroppo rimase tale, per prudenza, e per una impostazione kantiana mai del tutto silenziata: forse il processo di unificazione non è semplicemente endopsichico, ovvero, l’unus mundus raggiunto con la coniunctio del fisico e dello psichico potrebbe essere un’espressione della realtà totale, psichica ed extrapsichica. Riporto un passo di Psicologia e Alchimia:
    «… Imaginatio è dunque un estratto concentrato di forze vive, tanto corporee quanto psichiche. Diventa così comprensibile anche l’esigenza che l’“artista” sia di costituzione fisica sana; egli lavora infatti con e mediante la propria quintessenza, ed è egli stesso la condizione indispensabile del suo esperimento. Continua però a rimanere oscuro, proprio per questo miscuglio di fisico e psichico, se le trasformazioni ultime del processo alchimistico vadano ricercate maggiormente in campo materiale o in campo spirituale. La domanda in effetti è mal posta: a quei tempi non si trattava di alternativa; esisteva piuttosto un regno intermedio tra materia e spirito; cioè un regno psichico di corpi sottili aventi la proprietà di manifestarsi in forma sia spirituale sia materiale. Soltanto questo modo di vedere rende comprensibili le assurdità dei ragionamenti alchimistici. Naturalmente questo regno intermedio di corpi sottili cessa di colpo di esistere qualora si tenti di indagare la materia in sé e per sé, prescindendo da qualsiasi proiezione; e rimane nell’ambito della non-esistenza finché noi crediamo di sapere qualcosa di definitivo sulla materia e sull’anima. Ma se viene il momento in cui la fisica sfiora “regioni inesplorate, inesplorabili”, e contemporaneamente la psicologia è costretta ad ammettere che esistono altre forme di esistenza psichica al di fuori delle acquisizioni personali della coscienza, in cui cioè anche la psicologia cozza contro un’oscurità impenetrabile, allora quel regno intermedio ritorna in vita, e il fisico e lo psichico si fondono una volta di più in un’unità indivisibile. Oggi ci siamo già molto avvicinati a questa svolta».

    Una volta, durante un corso, hai parlato di Jung dicendo che lui stesso si era lasciato andare a commenti poco ortodossi sulla natura della psiche e sui fenomeni paranormali. È verissimo, infatti in Ricordi, sogni, riflessioni ,per esempio – come in altri scritti – ci lascia intendere che tutto ciò su cui aveva investigato sotto una luce di rigor scientifico, nella kantiana separazione di soggetto e oggetto potesse essere letto da tutto un altro tipo di angolazione.
    Questo tipo di lettura è stata portata avanti già dai suoi primi allievi, come dalla von Franz, e continua ancor oggi, in un momento storico nel quale le scienze della materia stanno nuovamente raggiungendo quella coniunctio con le scienze dello spirito riposta in un cassetto per troppo tempo; un tempo in cui i testi di fisica quantistica sembrano scritti da mistici orientali.

    Commento di Dorneus | 24 settembre 2010 | Rispondi

  3. oggi ho riletto per la quinta volta tutti gli articoli sul nostro oro.
    Vi consiglio sulla fattibilità di raggiungere il nostro rapporto aureo un interessante testo scientifico dal titolo ” PSICONEUROANALISI dell’isterodemenza. un viaggio straordinario tra la cortico-involuzione cerebrale e la mente cosciente”. ed Saturno, aut. Dore giuseppe.

    Commento di marina | 10 luglio 2011 | Rispondi

  4. Complimenti per il lavoro svolto, sono ancora intento nella lettura del diverso materiale pubblicato, e sin’ora concordo pienamente con le diverse affermazioni proposte.

    Se posso permettermi le consiglierei uno spunto di approfondimento con l’alchimia interiore taoista… qui potrà trovare delle risposte più esaustive sul mercurio…
    ogni volta che leggo qualcosa sull’alchimia sorrido sempre quando ci si riferisce ala ricerca dell’oro come metallo… come se tutto lo sforzo e la ricerca fossero finalizzate unicamente a qualcosa di futile e materiale come la ricchezza, e non alla trasmutazione di se stessi, dei propri organi, mente e spirito…

    Un saluto,

    Alessandro

    Commento di Alessandro | 21 febbraio 2013 | Rispondi


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